La Corte costituzionale ha esaminato le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Venezia riguardanti la legge sulle unioni civili e il decreto sugli atti dello stato civile. Nel caso concreto, una donna unita civilmente a un’altra aveva concepito all’estero, mediante tecniche di fecondazione eterologa, un figlio poi nato in Italia. Secondo il Tribunale, la disciplina vigente, nell’escludere la registrazione nell’atto di nascita del bambino come figlio di entrambe le donne, violerebbe i dritti della cosiddetta madre intenzionale e quelli del minore, e determinerebbe una irragionevole discriminazione per motivi di orientamento sessuale. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa della Corte fa sapere che le questioni sono state dichiarate inammissibili. Secondo la Corte, il riconoscimento dello status di genitore alla cosiddetta madre intenzionale – all’interno di un rapporto tra due donne unite civilmente – non risponde a un precetto costituzionale ma comporta una scelta di così alta discrezionalità da essere per ciò stesso riservata al legislatore, quale interprete del sentire della collettività nazionale. Al legislatore spetta – su temi così eticamente sensibili – ponderare gli interessi e i valori in gioco, tenendo conto degli orientamenti maggiormente diffusi nel tessuto sociale in un determinato momento storico. La Corte ha ritenuto altresì che la protezione del miglior interesse del minore in simili situazioni – oggi affidata dalla giurisprudenza all’attuale disciplina sull’adozione in casi particolari – può essere assicurata attraverso varie soluzioni, tutte compatibili con la Costituzione, che spetta sempre al legislatore individuare.
Fonte: Ufficio stampa della Corte costituzionale