Un “singolo episodio di accattonaggio” non è sufficiente per giustificare l’espulsione da una struttura di accoglienza di un richiedente asilo. Queste le motivazioni con le quali il Tar della Lombardia ha annullato il provvedimento con cui la Prefettura di Pavia, un anno fa circa, aveva revocato la misura di accoglienza nei confronti di un migrante, che era ospite di un centro del sistema di protezione per richiedenti asilo e che era stato visto mentre chiedeva l’elemosina in strada.
La seconda sezione milanese dei giudici amministrativi ha, infatti, accolto il ricorso presentato dal migrante, mentre l’Avvocatura dello Stato per il Ministero dell’Interno aveva chiesto il rigetto del ricorso. Occorre rilevare, scrive il Tar, “che un singolo episodio di accattonaggio non è idoneo ad integrare la causa di espulsione prevista dal regolamento della struttura, che parla espressamente di comportamenti ripetuti”.
Nella sentenza del Tar viene ricordato che i carabinieri hanno fermato a Pavia il migrante, mentre era “intento a chiedere l’elemosina” e così la Prefettura ha deciso di revocare “le misure di accoglienza” perché l’uomo, era stato scritto negli atti, “sarebbe dedito all’accattonaggio, in contrasto con le regole di condotta dei richiedenti asilo”.
Per i giudici, tuttavia, “dall’esame degli atti risulta che la revoca della misura di accoglienza è specificamente prevista in caso di ‘violazione grave o ripetuta delle regole del centro di accoglienza da parte del richiedente asilo ospitato, ovvero comportamenti gravemente violenti'”. E in questo caso non essendoci state ‘altre segnalazioni’ in merito al richiedente asilo, per il tribunale amministrativo “un singolo episodio di accattonaggio non è idoneo ad integrare la causa di espulsione”.