“Qualora sia evidente la violazione delle distanze tra edifici diventa irrilevante la qualificazione delle opere come interventi di ristrutturazione edilizia e dunque l’inapplicabilità dell’art. 9, d.m. n. 1444 del 1968, che riguarda esclusivamente le nuove costruzioni”. Si è espresso in questi termini il Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza 5 marzo 2021 n. 1867. A tal proposito, hanno ricordato i giudici di Palazzo Spada che la giurisprudenza, sia amministrativa (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 8 gennaio 2018, n. 72; id. 2 marzo 2018, n. 1309) che civile (Cass. civ., sez. II, 15 dicembre 2020, n. 28612; id. 28 ottobre 2019, n. 27476; id. 10 febbraio 2020, n. 3043) ha evidenziato una tendenziale autonomia del concetto in ambito civilistico, rimarcando che, ai fini dell’osservanza delle norme sulle distanze legali tra edifici di origine codicistica, la nozione di costruzione non può identificarsi con quella di edificio, ma deve estendersi a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell’opera (Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 354).
Nel caso di specie vengono in evidenza interventi sulla volumetria dell’immobile. In relazione ai singoli elementi progettuali, la violazione delle distanze appare evidente, essendo così conseguentemente irrilevante la vantata qualificazione delle opere come interventi di ristrutturazione edilizia. Va inoltre vagliata – aggiungono i giudici – la circostanza che, nel computo complessivo della volumetria, l’intervento, compensando aumenti e diminuzioni, determina una complessiva riduzione dell’impatto; il che renderebbe l’intervento non significativo anche dal punto di vista civilistico. Tuttavia – conclude il Consiglio di Stato – tale esito appare recessivo di fronte all’esigenza di tutelare le distanze che, come recita il citato art. 9, sono quelle minime e che quindi possono essere violate anche solo puntualmente, atteso che il carattere di nuova costruzione va riscontrato in rapporto ai “caratteri del suo sviluppo volumetrico esterno” (Cass. civ., sez. II, 15 dicembre 2020, n. 28612).
Fonte: Consiglio di Stato