Il Consiglio di Stato, Sezione IV, ha chiarito i termini dell’obbligo della ripubblicazione del piano urbanistico comunale, a seguito di modifiche introdotte dalla Regione all’atto dell’approvazione, con la sentenza 13 novembre 2020, n. 7027
In particolare, il Consiglio ha puntualizzato che occorre distinguere tra modifiche “obbligatorie” (in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l’adozione di standard urbanistici minimi), modifiche “facoltative” (consistenti in innovazioni non sostanziali) e modifiche “concordate” (conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal Comune). Ha poi aggiunto che, per le modifiche “facoltative” e “concordate”, ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato, sussiste l’obbligo della ripubblicazione da parte del Comune, diversamente, per le modifiche “obbligatorie” tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto dell’intervento regionale rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale, come risulta essersi verificato nella fattispecie in esame.
Ha supporto della conclusione raggiunta, il Consiglio ha affermato che la necessità di ripubblicazione del piano viene, dunque, ritenuta sussistere allorché, in un qualunque momento della procedura che porti alla sua approvazione, vi sia stata una sua rielaborazione complessiva, cioè un mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che alla sua impostazione presiedono. Il Consiglio ha, infine, escluso che si possa parlare di rielaborazione complessiva del piano, quando, in sede di approvazione, vengano introdotte modifiche che riguardino la disciplina di singole aree o singoli gruppi di aree. In altri termini, l’obbligo de quo non sussiste nel caso in cui le modifiche consistano in variazioni di dettaglio che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario, quand’anche queste siano numerose sul piano quantitativo ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree.
Fonte: Giustizia Amministrativa