I giudici della Corte costituzionale con la sentenza n. 218 depositata il 3 ottobre 2019 (relatore Luca Antonini) hanno stabilito che è illegittimo il diverso trattamento tributario – tra dipendenti pubblici e privati – previsto per il riscatto di una posizione individuale maturata tra il 2007 e il 2017 nei fondi pensione negoziali. La previsione, sottolineano i giudici delle leggi, penalizza i dipendenti pubblici rispetto a quelli privati sebbene le due fattispecie siano sostanzialmente omogenee. Si tratta quindi di una discriminazione che viola il principio dell’eguaglianza tributaria.
Secondo la consulta, pertanto, anche ai dipendenti pubblici deve essere riconosciuto il regime agevolato entrato in vigore nel 2007 per i soli dipendenti privati. La questione era stata sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Vicenza, alla quale si era rivolta un’insegnante per ottenere il rimborso – negatole dall’Agenzia delle entrate sulla base della disposizione censurata – delle maggiori imposte pagate sull’importo riscattato dal Fondo pensione Espero.
“Su questo reddito – si legge in una nota pubblicata sul sito della Corte Costituzionale -ora si dovrà applicare la più favorevole imposta sostitutiva introdotta dal 2007 anziché l’aliquota determinata sommando l’importo stesso al reddito complessivo dell’anno. La Corte ha fatto leva sull’omogeneità del meccanismo di finanziamento della previdenza complementare sia nei fondi pensione negoziali dei dipendenti privati sia in quelli dei dipendenti pubblici, per concludere che la duplicità del trattamento tributario del riscatto della posizione maturata non può essere giustificata né dalla diversa natura del rapporto di lavoro né dal fatto che l’accantonamento del TFR dei dipendenti pubblici è virtuale, in costanza di rapporto di lavoro. Ha quindi esteso anche ai dipendenti pubblici l’agevolazione già prevista per quelli privati con lo scopo di favorire lo sviluppo della previdenza complementare”.