“La previsione dell’art. 38 d. P.R. n. 380 del 2001 secondo cui l’autorità comunale può irrogare una sanzione pecuniaria in caso di permesso di costruire annullato, deve ritenersi fare riferimento esclusivamente alla sussistenza di vizi che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall’amministrazione, risultino di impossibile rimozione”.
E’ questo il principio di diritto affermato dalla dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 7 settembre 2020, n. 17), che, nell’ambito delle diverse opzioni interpretative solcate dalla giurisprudenza, ha preferito quella più aderente al dato testuale e sistematico della disciplina di riferimento, con la conseguenza che qualora i vizi del titolo a suo tempo rilasciato, che ne hanno provocato l’annullamento in sede giurisdizionale, siano relativi all’insanabile contrasto del titolo edilizio con le norme di programmazione e regolamentazione urbanistica, va esclusa l’applicabilità del regime di fiscalizzazione dell’abuso in ragione delle non rimovibilità del vizio.
I vizi delle procedure amministrative cui fa riferimento l’art. 38 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”) ai fini dell’applicazione della sanzione pecuniaria in caso di annullamento del titolo edilizio, dunque, sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall’amministrazione, risultino di impossibile rimozione.
Con la decisione in rassegna l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, a margine di una vicenda relativa all’interpretazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”) e, segnatamente, all’identificazione dei vizi che consentono la sanatoria, mediante irrogazione di una sanzione pecuniaria, di interventi edilizi realizzati sulla base di un permesso di costruire successivamente annullato, ha affermato – sulla base di considerazioni di ordine testuale e sistematico – che “i vizi cui fa riferimento l’art. 38 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall’amministrazione, risultino di impossibile rimozione”.
La questione era stata rimessa da Cons. Stato, sez. IV, ordinanza 11 marzo 2020, n. 1735 la quale dopo aver evidenziato la presenza, in giurisprudenza, di tre diverse opzioni interpretative (c.d. “ampia”, “restrittiva” e “intermedia”) aveva ritenuto preferibile quella c.d. “intermedia” (che ammette la “fiscalizzazione”, oltre che nei casi di vizi formali, anche nei casi di vizi sostanziali, però emendabili), in tesi meglio rispondente alla necessità di garantire l’affidamento di chi ha ottenuto il rilascio del titolo poi annullato, sino al limite massimo consentito dalla contrapposta tutela del terzo.