E’ illegittima l’ordinanza contingibile e urgente emessa dal Presidente della Regione Campania con cui, nel quadro dell’emergenza epidemiologica da Covid 19 ed in vista dell’avvio dell’anno scolastico, si impone al personale docente e non docente la sottoposizione a test sierologico o tampone .
In materia di accertamenti e trattamenti sanitari non è sostenibile una imposizione con regolamentazione affidata a provvedimenti amministrativi, ostandovi la riserva di legge ai sensi dell’art. 1, l. n. 180 del 1978, dell’art. 3, l.. n. 833 del 1978 e dell’art. 32 Cost..
Ha ricordato la Sezione che l’art. 1, d.l. n. 19 del 2020 prevede che, allo scopo di contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus Covid 19, su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso, possono essere adottate una o più misure, tra quelle di cui al comma 2, per periodi predeterminati, reiterabili e rinnovabili fino al termine dello stato di emergenza, con possibilità di modularne l’applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo l’andamento epidemiologico, da esercitare nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente.
Il successivo art. 2, comma 1, attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di emanare tali misure con uno o più decreti, su proposta del Ministro della Salute, sentiti il Ministro dell’Interno, il Ministro della Difesa, il Ministro dell’Economia e delle Finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonché i Presidenti delle Regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una Regione o alcune specifiche Regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nel caso in cui interessino l’intero territorio nazionale.
Ha ancora affermato la Sezione che ai sensi dell’art. 1, comma 13, d.l. n. 33 del 2020, la disciplina dell’attività scolastica nel periodo emergenziale è stata attribuita in via esclusiva allo strumento del d.P.C.M. previsto dall’art. 2, d.l. n. 19 del 2020, con esclusione del potere derogatorio delle Regioni, tanto meno in senso restrittivo
In particolare, in tale successivo decreto risultano confermate: a) la natura interinale del potere di ordinanza regionale, da esercitarsi quindi nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri; b) la delimitazione delle misure applicabili in senso restrittivo dalle Regioni, circoscritte a quelle di cui all’art. 2, d.l. n. 19 del 2020 (che, a sua volta, richiama l’art. 1 del medesimo decreto); c) la specifica considerazione, quanto ai presupposti di esercizio delle attribuzioni regionali, dell’andamento dell’epidemia sul territorio regionale o infraregionale.
Giova evidenziare che, a differenza del precedente decreto – legge, il d.l. n. 33 del 2020 consente alle Regioni anche l’adozione di misure di diversificazione “ampliative” (nei soli casi e nel rispetto dei criteri previsti dai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e d’intesa con il Ministro della Salute) e, per quanto rileva nel presente giudizio, non prevede un esplicito riferimento alla perimetrazione della regolamentazione regionale “nell’ambito delle attività di loro competenza” così come previsto nel d.l. n. 19 del 2020; tuttavia, tale espunzione non appare invero decisiva, risultando evidentemente circoscritto il potere attribuito al rispetto della competenza costituzionale accordata alle Regioni.
Ulteriore elemento innovativo del d.l. n. 33 del 2020 è poi costituito dall’attribuzione in via esclusiva al potere regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, da esercitare tramite d.P.C.M., della disciplina relativa alle attività scolastiche, didattiche e formative, alle quali è dedicata una specifica previsione.
In relazione all’attività scolastica e di formazione universitaria e professionale, quindi, il d.l. n. 33 del 2020 non prevede una potestà derogatoria – in senso restrittivo o ampliativo – delle Regioni, trattandosi di materia interamente riservata a regolamentazione tramite d.P.C.M.; tale conclusione risulta peraltro corroborata dalla considerazione che il legislatore, come si è visto, vi ha dedicato autonoma previsione (comma 13).
Nella fattispecie in trattazione difettano i presupposti ai quali il legislatore nazionale ha subordinato l’esercizio del descritto potere regionale.
Quanto al primo profilo (“misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle attualmente vigenti, tra quelle di cui all’articolo 1, comma 2” di cui al d.l. n. 19 del 2020) mette conto evidenziare che la sottoposizione a screening obbligatorio del personale scolastico docente e non docente e, più in generale, l’imposizione di accertamenti sanitari non figurano tra le prescrizioni di cui all’art. 1, comma 2, d.l. n. 19 del 2020 che, secondo la richiamata disposizione, avrebbero potuto essere “aggravate” dalle Regioni; tanto, si aggiunge, coerentemente con l’afferenza della materia, per i motivi che si illustreranno in seguito, alla potestà legislativa dello Stato; si aggiunga che, dall’esame dell’atto impugnato, non emerge una diversa ricostruzione ermeneutica da parte dell’amministrazione regionale che non ha ricondotto la contestata misura ad alcuna delle fattispecie delineate dal richiamato art. 1, comma 2 (es. limitazione circolazione persone, chiusura strade, interventi su eventi e manifestazioni culturali, sportive e religiose, trasporti, sospensione dei servizi scolastici e della presenza negli uffici pubblici, regolazione di attività commerciali, imprenditoriali e professionali, etc.).
Quanto al secondo presupposto (che, per l’esercizio del potere regionale, richiede la sussistenza di “specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso”), occorre registrare l’assenza di puntuali e documentati riferimenti al quadro istruttorio sotteso all’impugnata attività provvedimentale, specie tenuto conto dell’orientamento espresso in materia dal Consiglio di Stato (sez. I, parere n. 735 del 2020), secondo cui tali situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel territorio regionale in una parte di esso, “in applicazione delle ordinarie regole sulla motivazione del provvedimento amministrativo, non devono solo essere enunciate ma anche dimostrate”.
Sul punto, il provvedimento regionale è affetto da carenza di motivazione e di istruttoria, non risultando adeguatamente esplicitati e comprovati i dati scientifici sui quali si fonda il dichiarato “sensibile incremento” sul territorio regionale “dei casi di positività al virus, per lo più connesso a soggetti asintomatici o paucisintomatici”.
Fonte: https://www.giustizia-amministrativa.it/