Ha chiarito il Tar che tale obbligo non può farsi derivare dall’art. 183 codice contratti pubblici, norma speciale che trova applicazione nel caso di specie.
Va evidenziato, in particolare, che l’art. 183, comma 15, d.gs. 18 aprile 2016, n. 50 (“A tal fine l’amministrazione aggiudicatrice può invitare il proponente ad apportare al progetto di fattibilità le modifiche necessarie per la sua approvazione”) rimette alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione l’attivazione del contraddittorio procedimentale in ordine ai contenuti del progetto (Cons. Stato, sez. III, 12 ottobre 2020, n. 6042; Tar Toscana, sez. I, 21 novembre 2019, n. 1593).
La norma fa riferimento alle modifiche da apportare a un progetto contenutisticamente definito, laddove nella specie si tratterebbe di completare un progetto carente di opere “importanti”, bisognevole cioè di una attività sostanzialmente emendativa.
L’Amministrazione, in tale speciale fase, non ha il dovere ma ha piuttosto il potere di disporre integrazioni istruttorie e tale potere non può ritenersi illimitato, presupponendo pur sempre che la documentazione prodotta sia tale da consentire ad essa di valutare, sebbene prima facie, la fattibilità tecnica della proposta e la sua sostenibilità economica, insieme alla rispondenza della stessa al pubblico interesse: essa, in altre parole, deve consentire all’Amministrazione di estrapolare una proposta completa, coerente e munita dei suindicati requisiti di fattibilità, sostenibilità e coerenza con l’interesse pubblico, salvi gli approfondimenti e le integrazioni istruttorie necessarie a pervenire, in ordine ai profili indicati, ad una valutazione completa ed esaustiva.
Il potere di integrazione, rispondente alla detta finalità, non può certo risolversi nel completamento di una proposta che sia carente degli elementi minimi a definirla contenutisticamente e quindi a consentire di valutarla sotto il profilo della rispondenza al pubblico interesse, perché altrimenti si risolverebbe non nel perfezionamento documentale di una proposta già completa nei suoi elementi essenziali, ma nella presentazione di una proposta ex novo, non essendo la documentazione già presentata idonea a configurarla (Cons. Stato, sez. III, 12 ottobre 2020, n. 6042).
Tale, invece, è l’esito auspicato dalla parte ricorrente, se si considera che le carenze progettuali investono proprio i parcheggi ritenuti “necessari” dall’amministrazione nell’avviso esplorativo e rendono i documenti prodotti privi degli elementi minimi ai fini della valutazione della proposta sotto i profili della corrispondenza all’interesse pubblico (palesato nell’avviso).
Peraltro, ove si consideri che, ai sensi dell’art. 183, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016, “le offerte devono contenere un progetto definitivo, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso ed iscritte nell’elenco generale degli intermediari finanziari, ai sensi dell’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da una società di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966”, non può non rilevarsi che la mancanza nello studio di fattibilità presentato dalla parte di opere ritenute necessarie (i parcheggi) induce ad assimilare la fattispecie a quella della mancata presentazione del documento medesimo, ovvero ad una ipotesi di carenza e non di irregolarità/incompletezza del documento medesimo, al cui superamento non si attaglia l’invocato istituto del cd. soccorso istruttorio.
Non sussiste, in ogni caso, un generale obbligo dell’amministrazione di attivare il soccorso istruttorio/procedimentale nel project financing in base alla normativa sul procedimento amministrativo, e ciò in ragione della specialità della disciplina dettata dall’art. 183, comma 15, d.lgs. n. 50 del 2016.
Va ribadito che nel project financing la fase preliminare non è da intendersi quale fase del “procedimento” di scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati (e quindi soggetta alle ordinarie regole di garanzia partecipativa), ma fase “procedimentalizzata” di valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore (Cons. Stato, sez. V, 31 agosto 2015, n. 4035; Tar Molise 24 febbraio 2020, n. 63; Tar Toscana, sez. I, 21 novembre 2019, n. 1593), ove assume prevalenza – nella specificità della procedura – l’interesse pubblico dell’amministrazione e in cui, di contro, gli interessi privati rimangono sullo sfondo (Tar Catania, sez. I, n. 1624 del 2020).
Va infatti chiarito che tale fase prodromica è caratterizzata dalla valutazione dell’interesse pubblico da parte dell’amministrazione; con essa non si è ancora entrati nella fase della procedura pubblica di selezione finalizzata a consentire alle imprese interessate il conseguimento del sostanziale bene della vita, costituito dalla aggiudicazione di una pubblica commessa, fase quest’ultima caratterizzata dalla imprescindibile logica partecipativa.
Ne consegue che, nello specifico contesto del project financing (non a caso disciplinato dalla normativa speciale di cui si è detto), l’incompletezza della proposta del privato non obbliga l’ente l’attivazione del soccorso procedimentale e legittima la determinazione (negativa) dell’amministrazione che non la ritenga, come nel caso, meritevole di accoglimento alla luce degli interessi pubblici che essa intende perseguire.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it