I locali accessori e le unità ad uso residenziale appartengono a categorie edilizie non omogenee e come tali autonome; pertanto, affinché i primi possano essere utilizzati per finalità residenziale, è necessario il permesso di costruire.
Nel caso di specie, era stata presentata una DIA per ottenere il mutamento di destinazione d’uso, con opere, da autorimessa e magazzino a residenziale. Il comune aveva annullato la DIA ed il dichiarante aveva impugnato tale annullamento dinanzi al T.a.r. che, in primo grado, aveva respinto il ricorso. Il Consiglio di Stato, in appello, ha confermato la sentenza di primo grado, osservando che i locali accessori e le unità ad uso residenziale appartengono a categorie edilizie non omogenee e come tali autonome, con la conseguente necessità del permesso di costruire affinché i primi possano essere utilizzati per finalità residenziale.
Secondo il Consiglio di Stato, “Ciò si giustifica poiché una tale modifica incide sul carico urbanistico e quindi sul calcolo degli standard urbanistici che devono essere conseguentemente adeguati alla maggiore pressione antropica che si determina in conseguenza della maggiore superficie residenziale e dell’incremento dei volumi utilizzabili a fini abitativi. Non può infatti revocarsi in dubbio che nel caso di conversione di superficie accessoria in superficie ad uso abitativo, si determini un aumento di superficie utile, seppur in assenza di aumento di superficie calpestabile, con conseguente incremento della capacità insediativa.
9.4 Contrariamente a quanto opina l’appellante, gli spazi accessori, anche se rappresentano volumi fuori terra, già computati nella volumetria complessivamente assentibile, aisensi dell’art. 3, comma 12 delle NTA previgenti, nascono come volumi accessori e come tali non abitabili giacchè non incidono sulla superficie residenziale e sul calcolo delle volumetrie rilevanti ai fini della determinazione del carico urbanistico, rispetto al quale sono quantificati gli standard e, di conseguenza, anche il contributo di costruzione.
Proprio perché non trattasi di volumi abitabili – anche se computabili nella volumetria complessiva – gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, oltre che il costo di costruzione, sono di regola quantificati in misura inferiore – come normalmente previsto dalle legislazioni regionali in simili fattispecie – proprio in ragione della accessorietà dei vani. Ma soprattutto, trattandosi di locali non abitabili, gli stessi non sono di norma computati a fini del dimensionamento degli standard urbanistici che – a distanza di anni dalla originaria urbanizzazione dell’area – non potendo essere integrati per indisponibilità di aree da cedere, comporterebbero la loro necessaria monetizzazione, lasciando di fatto sguarnita l’area di una effettiva dotazione integrativa, circostanza che ben giustifica la previsione preclusiva delle N.T.A. richiamata dal comune per interdire il perfezionamento della D.I.A., a conferma della sostanziale disomogeneità di categoria edilizia intercorrente tra le due tipologie di unità immobiliari e comunque della inderogabile necessità di un controllo pubblico preventivo non surrogabile, allo stato, mediante gli strumenti di autoamministrazione (arg. da Cons. Stato, sez. IV, n. 1320 del 2023, n. 148 del 2022, n. 4810 del 2020).”
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it