Con un interessante sentenza (2486/2019) il Tribunale amministrativo di Napoli fa il punto e, allo stesso tempo, fornisce alcune utili indicazioni sulla disciplina dell’accesso civico generalizzato e degli istituti che gravitano intorno alla sua orbita.
Si legge in particolare in un commento pubblicato sul sito giustizia-amministrativa.it: “Anche dopo l’entrata in vigore delle norme che disciplinano l’accesso civico ‘generalizzato’, permane un settore ‘a limitata accessibilità’, nel quale continuano ad applicarsi le più rigorose norme della l. 7 agosto 1990, n. 241”.
E inoltre: “Ai sensi dell’art. 5 bis, commi 1 e 2, d.lgs. n. 33 del 2013, il criterio individuato dal legislatore per la valutazione delle esclusioni dall’accesso generalizzato è quello del solo pregiudizio, mentre resta escluso, contrariamente alle altre esperienze FOIA, la previsione espressa di un test dell’interesse pubblico, cioè la possibilità di effettuare, ai fini della decisione finale sull’istanza di accesso, un bilanciamento tra la tutela da assicurare all’interesse da proteggere dalla disclosure e la tutela dell’interesse pubblico alla diffusione della informazione, per cui se il secondo dovesse risultare prevalente si procederebbe comunque alla diffusione”.
Il Tar ha richiamato quanto di recente affermato dal Consiglio di Stato, sez. VI, 31 gennaio 2018, n. 651, secondo cui “se è vero che ormai è legislativamente consentito a chiunque di conoscere ogni tipo di documento o di dato detenuto da una pubblica amministrazione (oltre a quelli acquisibili dal sito web dell’ente, in quanto obbligatoriamente pubblicabili), nello stesso tempo, qualora la tipologia di dato o di documento non può essere resa nota per il pericolo che ne provocherebbe la conoscenza indiscriminata, mettendo a repentaglio interessi pubblici ovvero privati, l’ostensione di quel dato e documento sarà resa possibile solo in favore di una ristretta cerchia di interessati in quanto titolati, secondo le tradizionali e più restrittive regole recate dalla legge 241/1990…; pur introducendo nel 2016 (d.lg. 97/2016) il nuovo istituto dell’accesso civico ‘generalizzato’, espressamente volto a consentire l’accesso di chiunque a documenti e dati e quindi permettendo per la prima volta l’accesso (ai fini di un controllo) diffuso alla documentazione in possesso delle amministrazioni (e degli altri soggetti indicati nella norma appena citata) e privo di un manifesto interesse da parte dell’accedente, ha però voluto tutelare interessi pubblici ed interessi privati che potessero esser messi in pericolo dall’accesso indiscriminato. Il legislatore ha quindi operato per un verso mitigando la possibilità di conoscenza integrale ed indistinta dei documenti detenuti dall’ente introducendo dei limiti all’ampio accesso (art. 5 bis, commi 1 e 2, d.lg. 33/2013) e, per altro verso, mantenendo in vita l’istituto dell’accesso ai documenti amministrativi e la propria disciplina speciale dettata dalla legge 241/1990 (evitando accuratamente di novellare la benché minima previsione contenuta nelle disposizioni da essa recate), anche con riferimento ai rigorosi presupposti dell’ostensione, sia sotto il versante della dimostrazione della legittimazione e dell’interesse in capo al richiedente sia sotto il versante dell’inammissibilità delle richieste volte ad ottenere un accesso diffuso».
Ha chiarito la Sezione che nonostante la scelta esplicita operata dal legislatore italiano per il solo criterio del “pregiudizio concreto”, deve ritenersi che la scelta finale dell’amministrazione sull’istanza di accesso generalizzato deve tenere conto anche dell’interesse alla divulgazione che fonda la richiesta dell’istante. L’amministrazione è chiamata, infatti, non solo a considerare e verificare la serietà e la probabilità del danno all’interesse-limite, ma anche a contemperarlo con l’interesse alla conoscenza del richiedente.
Anche richieste di accesso civico presentate per finalità “egoistiche” possono favorire un controllo diffuso sull’amministrazione, se queste consentono di conoscere le scelte amministrative effettuate, in quanto il controllo diffuso di cui parla la legge non è da riferirsi alla singola domanda di accesso, ma è il risultato complessivo cui “aspira” la riforma sulla trasparenza la quale, ampliando la possibilità di conoscere l’attività amministrativa, favorisce forme diffuse di controllo sul perseguimento dei compiti istituzionali e una maggiore partecipazione dei cittadini ai processi democratici e al dibattito pubblico; pertanto, l’accesso generalizzato deve essere riguardato come estrinsecazione di una libertà e di un bisogno di cittadinanza attiva, i cui relativi limiti debbono essere considerati di stretta interpretazione e saranno solo quelli espressamente previsti dal legislatore.
Nella eventualità in cui l’istanza di accesso generalizzato si riferisca a una mole di documenti tale da rappresentare (ad esempio, anche per mancanza di procedure informatizzate) una aggravio per l’attività dell’Ente, di cui si darà conto motivatamente, questo attiverà l’istituto del “dialogo cooperativo” con il richiedente. L’amministrazione, infatti, deve consentire l’accesso generalizzato anche quando l’istanza fa riferimento a un numero cospicuo di documenti ed informazioni; non vi è tenuta allorquando la richiesta risulti massiva ovvero idonea a interferire con il buon funzionamento dell’amministrazione, incombendo sulla stessa l’obbligo di motivare espressamente su detta ritenuta interferenza.