Con la sentenza 326/2020 la terza sezione del Tribunale amministrativo di Lecce fornisce una rilevante puntualizzazione sulla legittimità dell’affidamento diretto di un servizio pubblico di valore inferiore alla soglia di € 40.000 ex art. 36 c. 2 lett. a) del d.lgs n. 50/2016.
La giurisprudenza ha chiarito come fino all’importo massimo di € 40.000 previsto del già c. 2 lett. a) dell’art. 36, del d.lgs. n. 50 del 2016 e ss.mm. il legislatore ha ritagliato una specifica disciplina che costituisce un micro-sistema esaustivo ed autosufficiente che non necessita di particolari formalità e sulla quale i principi generali non determinano particolari limiti.
Pertanto, spiegano i giudici amministrativi salentini, nel caso dell’art. 36 c. 2 lett. a) si è in presenza di una ipotesi specifica di affidamento diretto diversa ed aggiuntiva dalle ipotesi di procedura negoziata “diretta” prevista dall’art. 63 del Codice dei contratti che impone invece una specifica motivazione e che l’assegnazione avvenga in modo perfettamente adesivo alle ipotesi predefinite dal legislatore (si pensi all’unico affidatario o alle oggettive situazioni di urgenza a pena di danno).
Ne consegue che, venendo in rilievo nel caso in rassegna, una concessione di servizi di valore certamente inferiore alla soglia di € 40.000 ex art. 36 c. 2 lett. a) del d.lgs. n. 50 del 2016 e ss.mm., l’amministrazione comunale non aveva alcun obbligo di motivazione con riguardo alla ricorrenza di condizioni di urgenza o necessità. Resta, in ogni caso, fermo l’obbligo in capo all’amministrazione comunale di procedere tempestivamente all’indizione di una nuova procedura di gara per l’affidamento in via definitiva del servizio pubblico di ristoro da effettuarsi presso i chioschi siti all’interno dello stadio comunale.