Non sussiste difetto di legittimazione e difetto di interesse alla proposizione del ricorso da parte di singoli consiglieri comunali avverso una delibera dell’organo collegiale cui appartengono e di cui assumono l’errato conteggio dei voti al fine dell’esito degli stessi, atteso che i singoli consiglieri comunali hanno un interesse legittimo proprio al rispetto delle regole di formazione della volontà collegiale dell’organo a cui appartengono e a che il loro voto sia correttamente computato, e questo radica la legittimazione e l’interesse ad agire, personale, concreto e attuale.
Ha chiarito il decreto che non si ravvisa, al sommario esame della presente fase, il fumus boni iuris, a fronte del chiaro disposto dell’art. 10, c. 1, l.r. n. 37/1997, – nel testo novellato dalla l.r. n. 17/2016, applicabile, ratione temporis, all’attuale sindaco e consiglio comunale, la cui elezione è avvenuta nel giugno 2017-, che per la mozione di sfiducia al Sindaco, nei Comuni fino a 15.000 abitanti, richiede un quorum funzionale di 2/3 dei consiglieri comunali assegnati; quorum raggiunto, nella votazione della mozione in data 10.1.2022, avendo la mozione avuto il voto favorevole di 8 dei 12 consiglieri in carica, e non essendo contestato tra le parti che sono stati rispettati gli altri presupposti di legge per la presentazione della mozione di sfiducia. A fronte del ius superveniens di rango primario, nessuna efficacia vincolante e prevalente può avere l’art. 78 del previgente regolamento comunale (che prevede il diverso e più elevato quorum funzionale di 4/5 dei consiglieri comunali), fonte di rango inferiore che è recessiva in base al doppio criterio della gerarchia delle fonti (la fonte di rango superiore prevale su quella di rango inferiore) e della legge sopravvenuta (la legge successiva prevale su quella anteriore se regolano il medesimo oggetto); sicché deve ragionarsi in termini di “tacita abrogazione” della fonte anteriore e inferiore, piuttosto che di sua “disapplicazione”. Né alcun valore può avere la circolare regionale del 2012 formatasi sull’art. 10 l.r. n. 37/1997 nella versione anteriore a quella in vigore e applicabile al caso di specie ratione temporis, tanto più che le circolari non sono fonte del diritto e possono vincolare le Amministrazioni cui sono destinate solo se conformi alla legge; – in ogni caso anche nella prospettiva –di parte appellante – della “disapplicazione”, il regolamento contrario alla legge in materia di diritti soggettivi (qui il diritto di voto in consiglio comunale) ben può e deve essere disapplicato dall’Amministrazione che lo ha adottato; avendo pur sempre il regolamento natura di atto amministrativo e dovendo l’Amministrazione, nell’azione amministrativa, rispettare la legge (principio di legalità), piuttosto e in via prioritaria rispetto ad un proprio atto amministrativo.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it