“L’impugnazione dello scioglimento dell’organo consiliare ai sensi dell’art. 143 del T.U.E.L., come anche della sua proroga, non è annoverabile tra le azioni proponibili dai singoli elettori ai sensi dell’art. 9 del T.U.E.L., e ciò in quanto la misura dissolutoria di cui all’art. 143, mentre incide sulle situazioni soggettive dei componenti degli organi elettivi che, per effetto di essa, vengono a subire una perdita di status, non altrettanto incide su quella dell’ente locale, titolare di posizioni autonome e distinte, che, anzi, nella misura vede uno strumento di tutela e di garanzia della pubblica amministrazione”.
Attestando tale principio i giudici della terza Sezione della Consiglio di Stato hanno spiegato che è inammissibile per difetto di legittimazione l’azione popolare proposta per impugnare lo scioglimento del consiglio comunale e la nomina di una commissione straordinaria per la provvisoria gestione del medesimo, perché lo strumento offerto dall’art. 9 del T.U.E.L. non può essere utilizzato per far valere azioni che non spettano all’ente locale nell’interesse del quale si dichiara di agire.
Secondo i giudici di Palazzo Spada il provvedimento di proroga è, sì, contestabile in sede giurisdizionale avanti al giudice amministrativo da parte dei componenti del disciolto organo consiliare, ma solo se e nella misura in cui tale contestazione, per vizi propri del medesimo provvedimento – ad esempio per la sua tardività – o per vizi derivati dallo scioglimento medesimo, possa condurre al reinsediamento dei soggetti eletti, risultato da escludersi, nella vicenda trattata da questa pronuncia, per l’accertata definitiva legittimità del predetto scioglimento, e non già al fine di ottenere la fissazione di nuove, più ravvicinate nel tempo, elezioni.
Non sussiste dunque legittimazione dei componenti della disciolta amministrazione comunale, nemmeno quali cittadini-elettori, ad impugnare il provvedimento di proroga per far valere tale interesse.
Il presupposto dell’eccezionalità, previsto dall’art. 143, comma 10, T.U.E.L., che può giustificare la proroga dello scioglimento del consiglio comunale per infiltrazione mafiosa è legato all’eccezionalità della situazione che ha determinato lo scioglimento del consiglio comunale, non dovendo ipotizzarsi una c.d. doppia eccezionalità, la prima, tale da determinare la misura dissolutoria, e la seconda, del tutto diversa dalla prima, tale da giustificarne la proroga.
È nella stessa natura della proroga, infatti, l’esigenza di proseguire gli effetti dell’originario provvedimento al fine di consentire che questo possa continuare ad esplicare la propria efficacia per tutte le ragioni che ne hanno giustificato l’iniziale adozione e non è logicamente sostenibile che i motivi della prolungata efficacia debbano essere del tutto diversi e avulsi rispetto a quelle originarie ragioni al cospetto di una misura, come quella straordinaria dello scioglimento del consiglio comunale, adottata proprio al fine di contrastare l’infiltrazione mafiosa negli organi politici e amministrativi dell’ente locale.
“La proroga non è, cioè, una misura straordinaria che si assomma ad una misura straordinaria, ma la mera prosecuzione temporale dell’unica misura straordinaria in presenza di stringenti ragioni finalizzate al regolare funzionamento dei servizi affidati alle pubbliche amministrazioni”.