La TARSU è dovuta per le aree urbane adibite al parcheggio a pagamento, come ha deciso la Corte di Cassazione – Sez. V Civile – con l’ordinanza n. 13185/2019 del 18 maggio 2019, sul ricorso proposto dalla società di gestione avverso la sentenza CTR Lazio di conferma della CTP che aveva respinto l’impugnativa dell’AVVISO DI ACCERTAMENTO del Comune di Trevignano Romano.
La contribuente ha sostenuto la nullità della sentenza per non avere la stessa tenuto conto del fatto che operando la società in regime di concessione era obbligata a gestire e manutenere gli impianti e le attrezzature senza però detenere l’area pubblica destinata alla sosta a pagamento.
La Corte ha ritenuto che la sentenza della CTR appare in linea con il dettato legislativo, posto che l’art. 62, comma 1, del decr. legisl. n. 597/1993 stabilisce che la tassa è dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali e aree scoperte, a qualsiasi uso adibite, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali alle abitazioni.
Presupposto della tarsu è, dunque, la produzione di rifiuti che può derivare anche dall’occupazione di suolo pubblico per effetto di convenzione con il Comune, produzione alla cui raccolta e smaltimento sono tenuti a contribuire tutti coloro che occupano aree scoperte.
LIINK – CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. V CIVILE – ORDINANZA N. 13185 del 2019
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale
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