Nel caso di specie, la prefettura aveva applicato un’informativa antimafia ad un libero professionista, in relazione a un incarico conferitogli da un comune, avente ad oggetto una prestazione di natura propriamente professionale. Il professionista aveva impugnato l’interdittiva e, in primo grado, il T.a.r. aveva accolto il ricorso, per l’appunto negando che un libero professionista – che non riveste la qualità di imprenditore – potesse essere colpito da un’informativa antimafia.
Il Ministero aveva proposto appello, ritenendo non condivisibile tale assunto: in particolare, secondo la p.a., la disciplina relativa all’informativa antimafia doveva essere coordinata con la disciplina dell’acquisizione, da parte dell’ente locale che fosse stato sottoposto alla procedura di scioglimento ex art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000, di detta informazione prima della stipula di qualsiasi atto negoziale (dunque, anche a contratti con cui si conferisce un incarico professionale).
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello, ritenendo invece che, in forza del principio di legalità, non potesse essere superata la lettera della legge e statuendo, in una materia in cui non risultano precedenti giurisprudenziali, che la persona fisica che non riveste la qualità di titolare di impresa o di società non può essere destinataria di una informativa antimafia di tipo interdittivo
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it