La confisca edilizia, conseguente alla mancata demolizione dell’immobile abusivo da
parte del responsabile dell’abuso e del proprietario, deve preservare il diritto di
ipoteca iscritto dal creditore prima della trascrizione dell’acquisto a favore del
Comune, se il creditore ipotecario non è responsabile dell’abuso.
È quanto si legge nella sentenza n. 160 depositata il 3 ottobre 2024, con cui la Corte
costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 7, terzo comma,
della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca
iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso, in data anteriore alla
trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza
alla ingiunzione a demolire.
La medesima declaratoria di illegittimità costituzionale è stata estesa in via
conseguenziale anche all’art. 31, comma 3, primo e secondo periodo, del decreto
del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, norma che è subentrata alla
precedente e che presenta un identico contenuto precettivo.
Le citate disposizioni erano state interpretate dalla Corte di cassazione e dal Consiglio
di Stato nel senso di attribuire alla confisca edilizia la qualifica di acquisto a titolo
originario, cui consegue, in mancanza di una diversa previsione di legge, l’estinzione
di «eventuali ipoteche, pesi e vincoli preesistenti».
La Corte costituzionale, preso atto di tale interpretazione, ha ritenuto irragionevole
e sproporzionato che non sia fatto salvo il diritto di ipoteca, ove il creditore titolare
di tale garanzia reale non sia responsabile dell’abuso edilizio.
In tal caso, infatti, il creditore non è tenuto a rispondere della mancata demolizione
dell’immobile abusivo, vale a dire dell’illecito al quale consegue la sanzione della
confisca. Pertanto, l’estinzione del diritto di ipoteca finisce per far subire al creditore
ipotecario l’effetto sanzionatorio di un illecito commesso da altri.
Del resto, la Corte ha rilevato che la tutela del credito ipotecario non sacrifica
l’interesse al rispetto della normativa urbanistico-edilizia. Tale tutela si realizza,
infatti, attraverso l’espropriazione forzata e, se l’immobile oggetto della vendita
forzata è abusivo, l’aggiudicatario deve comunque o sanare l’abuso o demolirlo.
Infine, la Corte ha reputato sproporzionato il sacrificio imposto al creditore, non
responsabile dell’abuso, attraverso l’estinzione del diritto di ipoteca, in quanto al
creditore residuerebbero in tal caso rimedi inesigibili o inadeguati a compensare il
pregiudizio ingiustificatamente comminato.
Fonte: Ufficio stampa della Corte Costituzionale