Un contribuente, gestore di uno stabilimento balneare, ha impugnato con esito negativo dinanzi alla CTP di Salerno un AVVISO DI ACCERTAMENTO TARSU del Comune di MAIORI e la CTR della Campania ha accolto l’appello sul rilievo che il Regolamento del Comune doveva essere disapplicato in quanto illegittimo poiché i criteri applicativi della tassa in esso recepiti erano eccessivi e sproporzionati in relazione al fatto che le superfici coperte dello stabilimento avevano una attitudine significativa a produrre rifiuti rispetto alle superfici degli arenili: inoltre, nella categoria degli stabilimenti balneari erano stato incluse anche altre attività quali autosaloni, autoservizi, parcheggi e parchi giochi con tariffe inferiori a quelle delle aree occupate dagli stabilimenti balneari.
Avverso la sentenza CTR ha prodotto ricorso per Cassazione il Comune di Maiori, deducendo che il Regolamento di applicazione della tarsu risponde pienamente ai criteri dettati dagli articoli 62 e 66 del decr. legisl. n. 507/1993 , con la classificazione di diverse categorie, all’interno delle quali sono previste ulteriori differenziazioni in relazione alla necessità di conseguire la copertura dei costi del Servizio nella misura fissata dalla legge.
La Corte di Cassazione, Sez. V Civile, con l’Ordinanza n. 1976/2018, pubblicata il 26 gennaio 2018, ha osservato che l’art. 62 del decr. legisl. n. 507/1993, pone a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa alla produzione dei rifiuti, ponendo a loro carico l’onere di indicare nella denuncia originaria o di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità dei locali, le quali debbono essere riscontrate e supportate da idonea documentazione. Inoltre, l’art. 66 prevede la facoltà per i Comuni di ridurre la tariffa fino ad un terzo per le aree scoperte adibite ad uso stagionale o non continuativo risultante da licenza od autorizzazione rilasciata dai competenti organi.
La Suprema Corte ha poi affermato che i rapporti tra le tariffe, indicati nell’art. 69, comma 2, del decr. legisl. n. 507/1993, non vanno riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del Servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, tenuto conto della maggiore capacità produttiva di uno stabilimento balneare rispetto ad altre categorie, con ciò ribadendo quanto affermato in precedenti sentenze della stessa Corte.
Il ricorso del Comune è stato, quindi, accolto
LINK – CORTE DI CASSAZIONE –SEZ. V CIVILE –ORDINANZA N. 1976/2018
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it