Nella sentenza 2780 del 30 aprile 2020 i giudici del Consiglio di Stato hanno stabilito che l’insegna di un esercizio commerciale, laddove abbia le caratteristiche richieste dall’art. 23 del Codice della Strada (e relativa norma regolamentare), non muta la sua natura in insegna pubblicitaria per il solo fatto che essa si aggiunga ad altra già presente presso il medesimo insediamento, richiedendo tale qualificazione, con la conseguente soggezione alla relativa imposta, che essa contenga un messaggio che stimoli la potenziale clientela all’acquisto del prodotto o del servizio offerti .
I giudici di palazzo Spada hanno spiegato, infatti, che la disciplina in materia di imposta sulla pubblicità traccia la linea di confine tra messaggio pubblicitario e mera insegna di esercizio secondo alcuni parametri di riferimento che attengono non solo alla presenza o meno della stessa nei pressi dell’esercizio commerciale ma anche all’eventuale presenza di un messaggio rivolto ai potenziali consumatori in grado di esaltare il prodotto e quindi di invogliare la domanda.
In assenza di un preciso dato normativo, continuano gli stessi giudici, non è dato inferire il carattere pubblicitario dell’insegna dal sol fatto che essa si aggiunga ad altre già presenti presso l’esercizio commerciale. Peraltro la giurisprudenza tributaria accede ad una configurazione restrittiva del concetto di insegna pubblicitaria, osservando che “In materia di imposta sulla pubblicità, l’esenzione di cui all’art. 17, comma 1 bis, d.lgs. n. 507 del 1993, non consente di introdurre distinzioni in relazione al concorso dello scopo pubblicitario con la funzione propria dell’insegna stessa, purché questa, oltre ad essere installata nella sede dell’attività a cui si riferisce o nelle pertinenze accessorie e ad avere la funzione di indicare al pubblico il luogo di svolgimento dell’attività, si mantenga nel predetto limite dimensionale. L’insegna di esercizio, pertanto, mantiene la sua caratteristica, con il conseguente diritto all’esenzione, anche qualora contiene, oltre alla denominazione dell’azienda, anche un messaggio pubblicitario” (Comm. trib. reg. Perugia, sez. IV, 3 marzo 2014, n. 152). Non solo, quindi, il messaggio pubblicitario può concorrere, senza alterarla, con la funzione propria dell’insegna, ma occorre aggiungere, e questo risulta decisivo, che la soggezione all’imposta pubblicitaria deriva unicamente dalla superficie complessiva delle insegne e non dalla pluralità delle stesse. La Suprema Corte ha tracciato i confini tra i due concetti, osservando che “In tema di imposta comunale sulla pubblicità, il comma 1-bis dell’art. 17, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, aggiunto dall’art. 10, l. 28 dicembre 2001, n. 448, che esenta dall’imposta le insegne di attività commerciali e di produzione di beni o servizi nei limiti di un superficie complessiva fino a cinque metri quadrati, non consente di introdurre distinzioni in relazione al concorso dello scopo pubblicitario con la funzione propria dell’insegna stessa, purchè la stessa, oltre ad essere installata nella sede dell’attività a cui si riferisce o nelle pertinenze accessorie, e ad avere la funzione di indicare al pubblico il luogo di svolgimento dell’attività, si mantenga nel predetto limite dimensionale, in tal senso deponendo anche l’art. 2 del d.m. 4 aprile 2003, che, ai sensi dell’art. 10, coma 3, della legge n. 448 cit., ha dettato le modalità operative per la determinazione dei trasferimenti compensativi ai comuni a copertura delle minori entrate relative all’imposta sulla pubblicità derivanti dalla esenzione stabilita dall’art. 17, comma 1-bis, cit..” (Corte cass., ord., sez. VI, 4 marzo 2013, n. 5337).
In questa occasione, concludono i giudici amministrativi d’appello, non è quindi suscettibile di applicazione il comma 7 dell’art. 23 del Codice della Strada proprio in considerazione della rilevata insussistenza della natura pubblicitaria dell’insegna, non ritraibile dalla mera presenza di più insegne presso il medesimo esercizio. Viene cioè in evidenza, secondo il dettame dell’art. 2568 cod. civ., quella che viene comunemente definita come insegna di esercizio ovverosia un semplice mezzo contenente un messaggio che contraddistingue il locale, sia sede principale che secondaria, nel quale si esercita un’attività commerciale o un’attività diretta alla produzione di beni o servizi.