La Corte di Cassazione, Sez. V Civile, con la sentenza n. 19166/2019, ha accolto il ricorso di una società proprietaria di un immobile concesso in leasing avverso la decisione della CTR Abruzzo relativa al diniego di rimborso da parte del Comune di San Benedetto dei Marsi dell’IMU versata malgrado il bene non fosse stato restituito a seguito di risoluzione anticipata del contratto di leasing. La ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza della CTR per avere questa identificato il soggetto passivo dell’IMU nella società concedente il leasing sulla base della mera risoluzione del contratto per inadempienza dell’utilizzatore, a prescindere dalla effettiva riconsegna del bene.
La Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso rilevando che per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario (utilizzatore), a decorrere dalla data di stipula e per tutta la durata del contratto. Ciò in deroga al principio di individuazione del presupposto dell’IMU nel “possesso dell’immobile”. Quanto alla decorrenza si fa riferimento senza dubbio alla data di stipula; riguardo, invece, alla individuazione del termine, in caso di risoluzione del contratto si hanno due momenti: uno nella data di cessazione, e l’altro nel momento di riconsegna materiale del bene, momenti che possono anche non coincidere, per cui può succedere che tra la data di cessazione ed il verbale di riconsegna possa intercorrere del tempo, talvolta di non breve durata.
In tale seconda ipotesi sussistono due diversi orientamenti giurisprudenziali, il primo che individua il soggetto passivo nel proprietario del bene (a prescindere dal fatto che la riconsegna non sia contestuale alla risoluzione del contratto) e l’altro che per durata del contratto di locazione finanziaria debba intendersi il periodo intercorrente dalla data della stipula fino a quella della riconsegna effettiva del bene al locatore, nel qual caso l’utilizzatore resterebbe soggetto passivo fino a tale momento.
Il Supremo Collegio ha ritenuto di uniformarsi a questo secondo orientamento, rilevando che, mancando una disciplina ad hoc riguardo al caso in esame, debba applicarsi, in via analogica, la disciplina della risoluzione anticipata della c.d. VENDITA A RATE per inadempimento del compratore di cui all‘art. 1526 del c.c. e, quindi, estende all’utilizzatore moroso il diritto alla restituzione dei canoni versati all’impresa concedente (al netto di un equo compenso per il godimento del bene): diritto che sorge solo dopo che l’utilizzatore abbia provveduto alla riconsegna, poiché solo in questo momento egli si spoglia delle facoltà, degli obblighi e dei rischi assunti con il contratto. Per le suddette motivazioni,, è stato quindi accolto il ricorso con la cassazione della sentenza della CTR.
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale
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