“Il potere sostitutivo del prefetto – si legge in una nota della Consulta – nelle attività di comuni e province è illegittimo perché lede l’autonomia degli enti locali e contrasta con il principio di tipicità e legalità dell’azione amministrativa. È invece legittima l’estensione ai presídi sanitari del cosiddetto Daspo urbano (divieto di accedere a taluni luoghi per esigenze di decoro e sicurezza pubblica) a condizione, però, che il divieto non si applichi a chi ha bisogno di cure mediche o di prestazioni terapeutiche e diagnostiche, poiché il diritto alla salute prevale sempre sulle altre esigenze”.
Così ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 195 depositata il 24/07/2019 in merito a due aspetti del cosiddetto Decreto sicurezza (Decreto legge n. 113 del 2018): il potere sostitutivo dei prefetti, previsto dall’articolo 28, primo comma, e impugnato dalla Regione Umbria; l’estensione del Daspo urbano ai presídi sanitari prevista dal primo comma, lettera a, dell’articolo 2, e censurata dalle Regioni Emilia Romagna, Toscana e Calabria. “Illegittimo il primo; legittima la seconda purché, però, la disposizione sia interpretata in modo costituzionalmente orientato”. Nella motivazione della sentenza si legge che il diritto alla salute prevale sulle esigenze di decoro dei luoghi e di contrasto alle condotte sanzionate in via amministrativa, quali lo stato di ubriachezza, gli atti contrari alla pubblica decenza, il commercio e il parcheggio abusivo (presupposti del Daspo urbano).
Così interpretata, la norma è legittima: il diritto alla salute di chi ha bisogno di cure o di accertamenti sanitari rimane infatti pienamente tutelato e non vi è alcuna incidenza sull’organizzazione dei presidi sanitari, sicché non è violata la competenza regionale concorrente in materia di tutela della salute. La Corte ha invece cancellato l’articolo 28, primo comma del Dl 113/2018, che ha inserito nell’articolo 143 del Testo unico degli enti locali (Tuel) – sullo scioglimento dei consigli comunali e provinciali per infiltrazioni e condizionamenti mafiosi degli amministratori locali – un nuovo sub -procedimento per l’attivazione dei poteri sostitutivi del prefetto sugli atti degli enti locali. In particolare, il decreto prevede(va) che, se dalla relazione prefettizia non emergono i presupposti per l’esercizio del potere governativo di scioglimento dei consigli comunali e provinciali né quelli per l’adozione di provvedimenti correttivi dell’azione dell’ente o sanzionatori dei dipendenti coinvolti nelle infiltrazioni mafiose ma emerge comunque una situazione di “mala gestio” dell’ente, scatta(va)no i nuovi poteri sostitutivi dei prefetti.
E secondo la norma, si ha “mala gestio” in tutte quelle situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità delle amministrazioni locali nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati. In queste situazioni il prefetto individua(va) i prioritari interventi di risanamento, indica(va) gli atti e assegna(va) un termine non superiore a 20 giorni per la loro adozione, scaduto il quale scatta(va) la sostituzione all’amministrazione inadempiente, mediante la nomina di un commissario ad acta. La Corte ha osservato che la norma, oltre a violare la complessiva autonomia costituzionalmente garantita degli enti locali (riconoscimento di funzioni amministrative proprie, autonomia regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, autonomia finanziaria), introduce un nuovo potere prefettizio fondato su presupposti generici ed eccessivamente discrezionali, violando così il principio di tipicità e legalità dell’azione amministrativa. Infine, la sentenza mette in rilievo anche che il potere sostitutivo del prefetto, considerata la sua ampia incidenza nell’attività di comuni e province, avrebbe dovuto essere rispettoso della leale collaborazione, nel senso che la norma censurata avrebbe dovuto prevedere l’adozione della delibera del Governo o il decreto del ministro dell’Interno.