Il riconoscimento della omogenitorialità, all’interno di un rapporto tra due donne unite civilmente, non è imposto da alcun precetto costituzionale, sebbene la Costituzione non sia chiusa a soluzioni di segno diverso ma sulla base di valutazioni spettanti al legislatore. Anche la più piena tutela dell’interesse del minore – oggi attuata solo in parte dalla giurisprudenza con una forma minore di adozione – può essere realizzata in modo più penetrante dal legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità.
È quanto ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 230 depositata il 4 novembre (relatore il presidente Mario Rosario Morelli) dichiarando inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Venezia con riferimento alla legge sulle unioni civili e sugli atti dello stato civile (si veda anche il comunicato stampa del 21 ottobre).
Nella fattispecie, una donna unita civilmente ad un’altra aveva concepito all’estero (cosiddetta madre gestazionale), mediante tecniche di fecondazione eterologa effettuate con il consenso determinante della “madre intenzionale”, un figlio poi nato in Italia. Le due donne avevano chiesto di essere entrambe registrate all’anagrafe come madri del bambino.
Secondo la Corte, il riconoscimento dello status di genitore alla “madre intenzionale” rappresenta un obiettivo perseguibile per via legislativa poiché implica una scelta – costituzionalmente non imposta – che, anche e soprattutto per i contenuti etici e valoriali coinvolti, appartiene a quell’area di interventi con cui il legislatore si fa interprete della volontà collettiva bilanciando i valori fondamentali in gioco e tenendo conto degli orientamenti e delle istanze più radicate, in quel momento storico, nella coscienza sociale.
Con riferimento alla tutela del minore, la Corte ha evidenziato che la giurisprudenza ha già preso in considerazione l’interesse in questione, ammettendo l’adozione cosiddetta non legittimante in favore del partner dello stesso sesso del genitore biologico del minore. In questa prospettiva, secondo la Corte è ben possibile una diversa tutela del miglior interesse del minore, in direzione di più penetranti ed estesi contenuti giuridici del suo rapporto con la madre intenzionale, che ne attenui il divario tra realtà fattuale e realtà legale. Le forme per attuarla, però, rientrano nell’ambito delle opzioni rimesse alla discrezionalità del legislatore.
Fonte: Ufficio stampa Corte Costituzionale