Il tribunale amministrativo del Lazio, con la sentenza 4559/2021, ha stabilito che l’uso di una matita personale del candidato, ad un concorso pubblico che prevede prove scritte, non può costituire ragione di esclusione. Nella specie l’esclusione era stata disposta in esecuzione della clausola del bando che inibiva l’ingresso nella sala concorso di “uno strumento idoneo alla memorizzazione di informazioni o alla trasmissione di dati”.
Ha chiarito la Sezione che l’impiego di una matita da parte della candidata non sembra riconducibile alla introduzione nell’aula di “…uno strumento idoneo alla memorizzazione di informazioni o alla trasmissione di dati…”. Ciò in quanto una matita sostanzia un oggetto idoneo unicamente a veicolare su un supporto cartaceo le cognizioni teoriche possedute da un candidato onde trasporle nel foglio messo a disposizione dalla commissione ai fini dello svolgimento della prova concorsuale ma è sostanzialmente privo, ontologicamente, anche della mera capacità di conservazione, archiviazione e memorizzazione di qualsivoglia dato di conoscenza.
Di talché, conseguentemente, non è atto a trasferire al candidato che ne sia possessore al momento dell’esecuzione della prova d’esame né ad altri, cognizioni, dati, elementi teorici o pratici non previamente immagazzinati e conservati in essa, priva, in quanto tale, di alcuna capacità ricettiva e conservativa dei dati stessi, inattitudine derivante dalla intrinseca meramente meccanica e sostanziale (in senso etimologico) natura della matita, alla quale è estranea qualsivoglia capacità di archiviazione e susseguente riproduzione di informazioni, che solo un dispositivo informatico o elettronico può possedere.
La norma della lex specialis eretta dalla commissione a fondamento giuridico della comminata illegittima disposta esclusione, vale a dire l’art. 3, comma 6, d.m. n. 130 del 2017 (al pari dell’art. 1, comma 5, dell’allegato 5 al d.m. n. 859 del 2019) invero, interdice ai candidati di possedere e introdurre nelle aule d’esame, qualsiasi strumento idoneo alla memorizzazione di informazioni o alla trasmissione di dati, ma non anche un oggetto dotato di sola consistenza materiale, carente anche di “anima” informatica, qual è una matita, costituita, com’è noto, da una “anima” scrivente, che è una mina consistente in una miscela di polveri di grafite e di argilla, la cui quantità ne determina la durezza, inserita in un involucro di materiale legnoso o affine. L’involucro, peraltro, è saldamente inglobato ovvero incorporato nella mina, che non è estraibile in modo da consentire la eventuale ipotetica sua sostituzione con materiale hardware atto alla memorizzazione di dati. Ragion per cui è del tutto inconfigurabile che una matita possa contenere informazioni.
Altro, ma pur sempre in via ipotetica, è a dirsi quanto ad una penna, che notoriamente è scomponibile in una cannuccia e nel supporto plastico esterno: il che astrattamente ne rende ipotizzabile l’impiego come veicolo di microcomponenti hardware o microchip atti all’immagazzinamento e allo storage di dati ed informazioni. Il che spiega la ragione per la quale ai candidati ammessi a sostenere una qualsivoglia procedura concorsuale che preveda lo svolgimento di prove scritte, è vietato utilizzare penne da loro introdotte in aula e viene loro consegnata e messa a disposizione la penna fornita dalla commissione.