La violazione dei doveri che incombono sulla Pubblica amministrazione di adottare i comportamenti necessari per consentire al cittadino le comunicazioni tramite posta elettronica certificata, onde evitare che risulti piena, non può comportare, almeno in assenza di una espressa previsione di legge, una presunzione di conoscenza del contenuto di documenti che non erano pervenuti all’Amministrazione.
Ha chiarito la Sezione che la trasmissione di un documento mediante posta elettronica certificata si realizza in più fasi: la spedizione, con riferimento alla quale assume rilevanza la ricevuta di accettazione da parte del gestore del mittente (ricevuta di invio) e la consegna al destinatario che è attestata dalla successiva ricevuta di consegna. La normativa di cui al dal d.lgs. 7 marzo 2005 recante il “Codice dell’amministrazione digitale” (in particolare articoli 6, 45 e 48) si preoccupa da un lato di tutelare il mittente considerando adempiuto da parte di costui l’onere di trasmissione con decorrenza dalla data e dall’ora dell’avvenuta accettazione del messaggio di posta da parte del proprio gestore (ricevuta di invio), dall’altro tutela il destinatario della comunicazione perché la consegna presuppone che il messaggio sia “reso disponibile” nella casella di posta elettronica del destinatario (ricevuta di consegna), “salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo” (art. 6).
La consegna di cui al richiamato art. 6 presuppone, soprattutto nell’attività procedimentale, che il soggetto destinatario della comunicazione sia stato messo nella condizione di conoscerne effettivamente il contenuto, ossia che la stessa gli sia stata resa disponibile.
Mentre, quando la spedizione con pec non va a buon fine e il mittente riceve un messaggio di mancata consegna generata dal sistema, è escluso a priori che la comunicazione sia pervenuta nella sfera di conoscibilità del destinatario, il quale può restare peraltro completamente ignaro anche dell’impossibilità di recapitargli la pec, sussistendo al riguardo una netta distinzione da questo punto di vista tra il sistema delle comunicazioni elettroniche tramite pec e il sistema postale cartaceo.
Ha aggiunto il Tar che in relazione alle conseguenze che possono prodursi nei casi in cui la comunicazione non sia stata effettivamente recapitata all’amministrazione e debba invece, per produrre i suoi effetti, giungere effettivamente nella disponibilità dell’amministrazione, come nel caso in esame nel quale l’interessato ha presentato le sue osservazioni al preavviso di provvedimento negativo dell’amministrazione (ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990), la disposizione di cui all’art. 6 del Codice dell’amministrazione digitale sulla (mancata) avvenuta consegna per causa imputabile al destinatario può avere rilievo ai soli fini della prova del rispetto dei termini, ma non anche sulla valutazione della legittimità della successiva azione dell’amministrazione.
Ha quindi concluso la sentenza che se è vero che a norma dell’art. 3 del richiamato Codice dell’Amministrazione digitale sussiste un diritto dei cittadini all’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche Amministrazioni, a fronte del quale vi è dunque un dovere di queste ultime di consentire che tale uso sia effettivamente garantito adottando tutti i comportamenti necessari, tra cui la cura della casella di posta elettronica onde evitare che risulti piena, è altresì vero che la violazione di tali doveri, come è nel caso di specie, non può comportare, almeno in assenza di una espressa previsione di legge, una presunzione di conoscenza del contenuto di documenti che non erano pervenuti all’Amministrazione.
Il destinatario della comunicazione dei motivi ostativi che, a fronte della ricevuta di mancata consegna delle osservazioni trasmesse all’Amministrazione via pec, non provvede a re-inoltrarle incorre in una violazione dei canoni comportamentali della correttezza e della buona fede che permeano tutti i rapporti, anche quelli tra Amministrazione e cittadini, e dimostra di non coltivare con la diligenza dovuta l’interesse , pure ribadito in sede giudiziaria, di poter superare i motivi ostativi comunicatigli mediante la produzione di integrazioni e chiarimenti.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it