Come è noto, quando un’opera edile risulta abusiva, e il Comune ne ordina la demolizione, vengono chiamati in causa il committente, il progettista e il professionista che abbia diretto i lavori. Con la sentenza 18342/2019, la Cassazione ha stabilito che la responsabilità dipende dalle competenze dei soggetti coinvolti e dal tipo d’incarico rivestito nell’ambito della realizzazione dell’intervento. La questione è stata sollevata da un caso di specie relativo all’ordine di demolizione di un’opera abusiva che ha generato un contenzioso tra il committente e il progettista sulle responsabilità in merito ai lavori effettuati senza titolo abilitativo. Secondo la Corte territoriale, non c’era nessuna prova che fosse stato il professionista incaricato a progettare le opere illegittime. Il committente sosteneva invece che il professionista avesse omesso, a sua insaputa, di presentare al Comune la relazione tecnica illustrativa degli interventi da realizzare su sua commissione. Sulla base di questi motivi aveva presentato ricorso contro la decisione del Tribunale territoriale, che sembrava addossargli la responsabilità dell’abuso sollevando invece il progettista.
I giudici hanno rilevato, tuttavia, che il professionista ricopriva sia l’incarico di progettista sia quello di direttore dei lavori. Di conseguenza, avrebbe dovuto controllare e verificare la conformità delle opere realizzate a quelle progettate e la correttezza dei titoli abilitativi. Il cumulo dell’incarico di progettista e di direttore dei lavori, inoltre – evidenzia la sentenza – fa sì che egli debba rispondere nei confronti del committente della conformità del progetto alla normativa urbanistica e della individuazione in termini corretti della procedura amministrativa da utilizzare.
La scelta del titolo abilitativo in relazione al tipo di intervento edilizio progettato, pertanto – afferma la Cassazione – rientra nelle competenze tecniche del professionista incaricato di progettare l’opera anche nel caso in cui, per ipotesi, tra professionista e committente ci sia un accordo illecito che preveda la realizzazione di un abuso. Ciò perché – sostengono i giudici – l’incompletezza dell’istruttoria o gli errori nell’individuazione del titolo autorizzatorio, avendo carattere strumentale e preliminare rispetto all’esecuzione dell’opera, su cui il direttore dei lavori ha un ulteriore obbligo di controllo, “non possono ricadere sul committente che, in quanto profano, neppure avrebbe avuto gli strumenti per percepire l’errore”. Anche nel caso in cui gli interventi abusivi non fossero stati progettati dal professionista, hanno concluso i giudici, essi erano stati realizzati dalla ditta appaltatrice, sotto la direzione del progettista/direttore dei lavori, che avrebbe dovuto accorgersi della difformità. La Cassazione ha quindi accolto il ricorso del privato.