La scelta legislativa di non consentire la sostituzione del cognome dell’adottato
maggiore d’età con quello dell’adottante non determina una lesione del diritto
all’identità personale dell’adottato, né comporta una irragionevole disparità di
trattamento rispetto all’adozione piena del minore d’età.
È quanto si legge nella sentenza numero 53, depositata il 18/04/2025, con la quale la Corte
costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale
sollevate, in riferimento agli articoli 2 e 3, primo comma, della Costituzione,
dell’articolo 299, primo comma, del codice civile, «nella parte in cui non consente,
con la sentenza di adozione, di sostituire, anziché di aggiungere o di anteporre, il
cognome dell’adottante a quello dell’adottato maggiore di età», con il consenso
dell’adottante e dell’adottato e al ricorrere di articolate condizioni indicate dal
Tribunale rimettente.
La Corte ha ricordato che l’articolo 299, primo comma, del codice civile è stato già
recentemente oggetto di una dichiarazione di incostituzionalità che ha consentito,
con la sentenza di adozione, di aggiungere, anziché di anteporre, il cognome
dell’adottante a quello dell’adottato maggiore d’età, se entrambi nel manifestare il
consenso all’adozione si sono espressi a favore di tale effetto (sentenza numero 135
del 2023). Simile intervento è servito a rimuovere una lesione del diritto all’identità
personale che proprio intorno al cognome originario dell’adottato a mano a mano si
stratifica.
Di contro, una sua sostituzione con il cognome dell’adottante equivarrebbe alla
cancellazione del cognome dell’adottato «che per (almeno) diciotto anni ha
rappresentato il segno distintivo della sua identità personale».
Né basta prevedere il consenso dell’adottato a una adozione che produca tale effetto
sostitutivo, poiché questo lo esporrebbe al rischio di «condizionamenti da parte
dell’adottante, tanto più ove si considerino i benefici che l’adozione civile apporta
all’adottato sul piano successorio».
La Corte ha parimenti escluso che sussista una irragionevole disparità di trattamento
rispetto alla disciplina dell’adozione piena del minore, poiché, finanche nei casi in
cui l’adozione del maggiore d’età venga richiesta da chi in passato sia stato affidatario
dell’adottato, le due ipotesi legislative restano disomogenee.
Da ultimo, la Corte ha precisato che, ove circostanze specifiche giustifichino un
interesse della persona maggiore d’età a cancellare il proprio originario cognome,
l’ordinamento già appresta specifici rimedi. In particolare, l’articolo 89, comma 1,
del d.P.R. numero 396 del 2000 prevede che chiunque voglia cambiare il cognome,
anche perché «rivela l’origine naturale […], deve farne domanda al prefetto della
provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l’ufficio
dello stato civile dove si trova l’atto di nascita al quale la richiesta si riferisce. Nella
domanda l’istante deve esporre le ragioni a fondamento della richiesta».
Fonte: Comunicato dell’Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale