La disciplina comunitaria della liberalizzazione non può essere intesa in senso assoluto come primazia del diritto di stabilimento delle imprese ad esercitare sempre e comunque l’attività economica, dovendo, anche tale libertà economica confrontarsi con il potere, demandato alla pubblica amministrazione, di pianificazione urbanistica degli insediamenti, ivi compresi quelli produttivi e commerciali, in un’ottica di bilanciata proporzionalità delle contrapposte esigenze.
Gli atti della programmazione territoriale non sono, infatti, esenti dalle verifiche prescritte dalla direttiva servizi per il solo fatto di essere adottati nell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, dovendosi verificare se, in concreto, essi perseguano effettivamente finalità di tutela dell’ambiente urbano o siano, comunque, riconducibili all’obiettivo di dare ordine e razionalità all’assetto del territorio, oppure perseguano la regolazione autoritativa dell’offerta sul mercato dei servizi attraverso restrizioni territoriali alla libertà di insediamento delle imprese.
Una volta ammessa, poi, una particolare tipologia di uso commerciale, non è legittima l’introduzione di restrizioni quantitative al numero di esercizi, la quale non si configura quale prescrizione meramente urbanistica, ma si traduce in una limitazione ingiustificata e discriminatoria della libertà di stabilimento e della libertà d’impresa nonchè in una regolazione indebita dell’offerta sul mercato. (1)
(1) Precedenti conformi: Cons. Stato, sez. IV, n. 5394 del 2021; Cons. Stato, sez. IV, n. 4810 del 2020, n. 2762 del 2018, n. 4810 del 2018, n. 2026 del 2017, n. 1494 del 2017; Corte giust. UE, sez. IV, 26 novembre 2015, n. 345; Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 2014, n. 1860; Cons. Stato, sez. IV, 13 gennaio 2014, n. 70; Cons. Stato, sez. IV, n. 4294 del 2023.
Fonte: Gazzetta Ufficiale