La Corte Costituzionale è intervenuta su ricorso promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri che ha sollevato questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 9, 117, secondo comma, lettere s) ed l), e 118 della Costituzione di una legge regionale che, prorogando una preesistente normativa regionale in materia, di fatto stabilisce una procedura semplificata per la liquidazione degli usi civici, per la legittimazione dell’occupazione sine titulo di terre del demanio civico comunale e per l’affrancazione del fondo enfiteutico. Inoltre la normativa regionale impugnata, non tenendo conto della circostanza «che le zone gravate da usi civici sono assoggettate a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, comma 1, lettera h), del Codice dei beni culturali e del paesaggio», svolgerebbe «le funzioni riservate al piano paesaggistico, che è lo strumento al quale è rimessa la fissazione della disciplina d’uso dei beni paesaggistici, ai sensi degli articoli 135 e 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio».
In questo modo ad avviso del ricorrente la norma regionale sarebbe idonea a «determinare, irrimediabilmente, la stabilizzazione» di una disciplina, dal carattere originariamente provvisorio, ravvisando, innanzitutto, una violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., relativamente alla materia «“tutela dell’ambiente” e “dell’ecosistema”», ed a supporto, viene ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale, che testimonia la progressiva accentuazione del rilievo paesaggistico e ambientale delle terre gravate da usi civici. Mentre la norma impugnata, favorendo un meccanismo semplificato di liquidazione degli usi civici, nonché di legittimazione dell’occupazione senza titolo e di affrancazione dei fondi enfiteutici, si porrebbe «radicalmente in contrasto con la disciplina statale che non reca analoghe “semplificazioni”» e, in specie, con i «principi sottesi alla legge n. 168 del 2017».
Pertanto detta norma regolerebbe in via autonoma una materia di competenza statale, posto che alle regioni sono state trasferite unicamente funzioni amministrative. La Corte nel dichiarare la questione fondata e nell’accogliere il ricorso fa presente che, effettivamente lo stesso Stato ha ritenuto di delegare alle regioni – negli anni settanta del precedente secolo – le funzioni amministrative relative alle citate procedure (art. 66, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, recante «Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382»), con l’eccezione dell’approvazione delle legittimazioni, di cui all’art. 9 della legge n. 1766 del 1927, che deve essere effettuata con decreto del Presidente della Repubblica d’intesa con la regione interessata (art. 66, settimo comma, dello stesso d.P.R. n. 616 del 1977).
La suddetta delega si limita, per l’appunto, alle funzioni amministrative e, dunque, non consente alle regioni di disciplinare i presupposti sostanziali dei diversi meccanismi e, invero, neppure di intervenire sui relativi procedimenti, ove il distacco dal modello delineato dal legislatore statale finisca per tradursi in un diverso modo di incidere sul regime giuridico di tali beni, operante solo nella singola regione. Del resto, è escluso «che “nell’intero arco temporale di vigenza del Titolo V, Parte II, della Costituzione – sia nella versione antecedente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), sia in quella successiva – e, quindi, neppure a seguito dei d.P.R. n. 11 del 1972 e n. 616 del 1977 , il regime civilistico dei beni civici sia mai passato nella sfera di competenza delle Regioni.
Inoltre, citando precedenti pronunce della stessa Corte (sentenza n. 113 del 2018)» (sentenza n. 71 del 2020), i giudici rilevano come la materia “agricoltura e foreste” di cui al previgente art. 117 Cost., che giustificava il trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni e l’inserimento degli usi civici nei relativi statuti, mai avrebbe potuto comprendere la disciplina della titolarità e dell’esercizio di diritti dominicali sulle terre civiche”.
Fonte: Corte Costituzionale