Laddove sia esperita un’azione risarcitoria, sola o congiunta a quella demolitoria avente ad oggetto un’ordinanza sindacale adottata con i poteri dell’ufficiale di governo, il contraddittore necessario deve essere (anche, non necessariamente solo) lo Stato (la Prefettura), essendo ammessa la citazione (solo, salvo la dimostrata partecipazione anche della Prefettura al procedimento) del Comune con riferimento in via esclusiva alla richiesta di annullamento dell’atto.
Ha chiarito la Sezione che malgrado i presupposti sottesi all’adozione di ordinanze contingibili e urgenti adottate dal Sindaco siano diversi a seconda che egli agisca quale capo dell’amministrazione locale (art. 50, d.lgs. n. 267 del 2000) ovvero quale ufficiale di governo, i confini tra l’una e l’altra tipologia non sempre si palesano di immediata percepibilità, stante che un contesto di pericolo può attingere a vari fattori causali e minacciare plurimi interessi pubblici. L’esistenza di tali zone chiaroscurali, all’interno delle quali le esigenze di tutela possono anche sovrapporsi, giustifica ed esplicita la necessità di dare rilievo comunque alla riferibilità formale dell’atto al Sindaco che lo adotta, a prescindere dalla veste utilizzata, non venendo mai meno la sua posizione di soggetto incardinato nel complesso organizzativo dell’ente locale, dei cui uffici si avvale per l’istruttoria, finalizzata finanche al preventivo inquadramento dell’atto. Da qui la ritenuta individuazione solo nello stesso o comunque anche nello stesso del contraddittore necessario nel giudizio impugnatorio delle relative ordinanze (cfr. e plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2221). Il coinvolgimento informativo delle Prefetture, infatti, almeno in linea generale, non è tale da ridurre la portata delle autonome valutazioni, circa il quomodo del provvedimento, del Sindaco-ufficiale di governo che utilizza la propria sfera di potestà di autodeterminazione, e di responsabilità, per scegliere discrezionalmente tra le varie possibilità e possibili opzioni.
Non è sempre agevole distinguere nell’immediato quale tipologia di ordinanza sindacale si attagli alla tipologia di situazione di pericolo che si deve fronteggiare in concreto. Si pensi a tutte le situazioni di degrado ascrivibili all’attuale nozione di “sicurezza urbana”, che seppure ormai univocamente ricondotta al più ampio genus della sicurezza pubblica, di appannaggio dello Stato, in un’accezione più ampia e non tecnica, abbraccia anche fenomeniche di disturbo della “vivibilità” cittadina, la cui tutela compete invece in esclusiva ai Comuni. E’ infatti ormai chiaro che essa in senso proprio non rappresenta altro, appunto, che la declinazione a livello locale della sicurezza pubblica; nel contempo però al relativo termine si può accedere per riassumere ogni iniziativa di ricerca della migliore vivibilità dei centri urbani e di una ordinata e civile convivenza negli stessi, per il raggiungimento delle quali sono coinvolti diversi livelli territoriali e governativi che attuano politiche integrate (in ambito sociale, sanitario, edilizio, ecc.), tradizionalmente e di regola di competenza legislativa residuale regionale. La differenza tra i due tipi di provvedimenti d’urgenza è di natura anche procedurale, stante che solo per le ordinanze adottate dal Sindaco nella sua qualità di ufficiale di governo è prevista la previa comunicazione al prefetto «anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione». Tale coinvolgimento informativo, almeno in linea generale, non pare riconducibile ad una qualsiasi forma di assenso, concerto o comunque “previa intesa”, sicché non trova applicazione la regola generale sull’integrità del contraddittorio di cui all’art. 27 c.p.a., che in quanto attuativa dell’art. 24 della Costituzione, non tollera che una pronuncia del giudice amministrativo arrechi diretto pregiudizio a chi non si sia potuto difendere.
La diversità, per causa petendi e petitum, dell’azione impugnatoria rispetto a quella di risarcimento dei danni da illecito aquiliano osta alla configurazione, a fronte della astratta autonomia tra le due azioni, di un rapporto di accessorietà, nel senso della riconosciuta sussistenza di un nesso logico-giuridico, che, in tesi, possa giustificare l’estensione del regime della legittimazione passiva nell’azione impugnatoria a quella risarcitoria, che al contrario presuppone (sempre di regola) il coinvolgimento dello Stato in quanto è il Prefetto che dispone «le misure adeguate per assicurare il concorso delle Forze di polizia» nonché, in linea ancora più generale, «Nell’ambito delle funzioni di cui al presente articolo», ovvero anche in chiave di vigilanza sul corretto esercizio del potere intimatorio da parte del Sindaco, le «ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati, nonché per l’acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale» (art. 54, comma 9, T.u.e.l.).
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it