La terza sezione del Consiglio di Stato, nella sentenza 2102/2020, precisa che la scelta di sottrarre l’affidamento di un servizio al mercato, optando per la soluzione dell’affidamento in house, deve trovare fondamento in dati oggettivi ed attentamente valutati, che giustifichino il sacrificio che quella scelta arreca alla concorrenza.
In particolare, secondo i giudici di Palazzo Spada, la scelta di sottrarre l’affidamento di un servizio al fisiologico confronto di mercato, optando per la soluzione auto-produttiva, deve trovare fondamento in dati oggettivi ed attentamente valutati, che giustifichino il sacrificio che quella scelta arreca alla libertà di concorrenza: ciò perché, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 100/2020, gli oneri motivazionali prescritti dall’art. 192, c. 2, d.lvo n. 50/2016 (ed altri analoghi previsti dalle previgenti disposizioni) “si risolvono in una restrizione delle ipotesi in cui è consentito il ricorso alla gestione in house del servizio e, quindi, della possibilità di derogare alla regola comunitaria concorrenziale dell’affidamento del servizio stesso mediante gara pubblica. Ciò comporta, evidentemente, un’applicazione più estesa di detta regola comunitaria, quale conseguenza di una precisa scelta del legislatore italiano. Tale scelta, proprio perché reca una disciplina pro concorrenziale più rigorosa rispetto a quanto richiesto dal diritto comunitario, non è da questo imposta – e, dunque, non è costituzionalmente obbligata, ai sensi del c. 1dell’art. 117 Cost., come sostenuto dallo Stato -, ma neppure si pone in contrasto […] con la citata normativa comunitaria, che, in quanto diretta a favorire l’assetto concorrenziale del mercato, costituisce solo un minimo inderogabile per gli Stati membri.
È infatti innegabile l’esistenza di un “margine di apprezzamento” del legislatore nazionale rispetto a princìpi di tutela, minimi ed indefettibili, stabiliti dall’ordinamento comunitario con riguardo ad un valore ritenuto meritevole di specifica protezione, quale la tutela della concorrenza “nel” mercato e “per” il mercato”. Immediato corollario applicativo della disposizione citata, e del valore pro-concorrenziale ad essa riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, è quindi l’impossibilità di fare leva su dati evanescenti, di carattere eventuale o meramente organizzativo, insuscettibili di manifestare un corrispondente significativo beneficio per la collettività, derivante dal ricorso al modello dell’in house providing, e di integrare una parallela valida ragione derogatrice del ricorso primario al mercato: l’esigenza normativa che l’in house sia produttivo di “benefici per la collettività”, sotto i profili menzionati dalla disposizione citata, sottende quindi la finalizzazione dell’istituto al perseguimento di obiettivi di carattere latamente sociale, percepibili al di fuori della dimensione meramente organizzativa dell’Amministrazione e costituenti, nell’ottica legislativa, il “giusto prezzo” per compensare il vulnus che esso potenzialmente arreca al valore primario della concorrenza.