L’Imu sugli immobili strumentali è «un costo fiscale inerente di cui non si può precludere, senza compromettere la coerenza del disegno impositivo, la deducibilità una volta che il legislatore abbia, nella propria discrezionalità, stabilito per il reddito d’impresa il criterio di tassazione al netto». È questo il cuore della motivazione con cui la Corte costituzionale, nella sentenza n. 262 depositata oggi (redattore Luca Antonini), ha dichiarato incostituzionale – come anticipato nel comunicato stampa del 19 novembre scorso – «per violazione del principio di coerenza, e quindi di ragionevolezza (articoli 3 e 53 della Costituzione)», l’indeducibilità, dall’imponibile delle imposte (Ires e Irpef) sui redditi d’impresa, dell’Imu relativa agli immobili strumentali. In particolare, la Corte ha accolto le questioni sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Milano sull’articolo 14, primo comma, del decreto legislativo n. 23 del 2011 (nel testo in vigore nel 2012) là dove stabiliva l’indeducibilità integrale dell’Imu dalle imposte sui redditi d’impresa. La Corte ha premesso che l’originaria linearità del decreto legislativo sul federalismo fiscale municipale, di cui l’Imu costituiva un tassello essenziale, è stata travolta dai successivi interventi normativi: per effetto di un’evoluzione poco lineare e sistematica, già fin dal 2012 l’Imu è stata, infatti, radicalmente trasformata, divenendo, tra l’altro, un tributo particolarmente gravoso e critico per le imprese. La sentenza sottolinea poi che la deducibilità in esame non si pone affatto «sul piano delle agevolazioni fiscali propriamente dette», ma «attiene, invece, a quegli istituti tributari nei quali è ravvisabile la prevalenza di un carattere strutturale». Ciò – ha precisato la Corte – «non esclude in assoluto che il legislatore possa prevedere limiti alla deducibilità dei costi». Tuttavia, al di fuori di ipotesi giustificabili in termini di proporzionalità e ragionevolezza, «le deroghe stentano a trovare adeguata ragione giustificatrice: alla mera esigenza di gettito, in particolare, il legislatore è tenuto a rispondere in modo trasparente, aumentando l’aliquota dell’imposta principale, non attraverso incoerenti manovre sulla deducibilità, che si risolvono in discriminatori, sommersi e rilevanti incrementi della base imponibile a danno solo di alcuni contribuenti». La Corte ha infine escluso di estendere, in via conseguenziale, l’illegittimità costituzionale alle disposizioni che negli anni successivi hanno introdotto una deducibilità solo parziale dell’Imu sugli immobili strumentali, perché in questo percorso normativo il legislatore si è gradualmente corretto, fino a giungere alla virtuosa previsione – che la sentenza definisce però «certamente non più procrastinabile» – della totale deducibilità a partire dal 2022.