Con la sentenza C-402/18 del 27 novembre 2019 la Corte di Giustizia europea ha stabilito che non è conforme al diritto dell’Ue la normativa italiana che limita la possibilità di subappaltare al 30% dell’importo totale dell’appalto pubblico e che vieta che i prezzi applicabili alle prestazioni affidate in subappalto siano ridotti di oltre il 20%.
Secondo i giudici europei la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, dev’essere interpretata nel senso che:
– essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita al 30% la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi;
– essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione.
Si ricorda che anche la precedente sentenza della Corte di Giustizia UE del 26 settembre 2019 (causa C-63/18), nell’esaminare una domanda di pronuncia pregiudiziale del TAR Lombardia, ha statuito la non conformità al diritto UE della norma italiana che prevede il limite quantitativo del 30% al subappalto. Alla luce di questa pronuncia l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha formulato alcune proposte per una urgente modifica normativa inerente la disciplina del subappalto di cui all’art. 105 del Codice dei contratti pubblici.