Con la sentenza n. 29867/2019 la Corte di Cassazione – seconda sezione civile – è tornata a occuparsi delle distanze fra edifici: “La deroga alla disciplina stabilita dalla normativa statale, da parte degli strumenti urbanistici regionali deve ritenersi legittima quando faccia riferimento a una pluralità di fabbricati (“gruppi di edifici”) che siano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche che evidenzino una capacità progettuale tale da definire i rapporti spazio-dimensionali e architettonici delle varie costruzioni, considerate come fossero un edificio unitario, e siano finalizzate a conformare un assetto complessivo di determinate zone; ciò in quanto la legittimità di tale deroga è strettamente connessa al governo del territorio e non, invece, ai rapporti fra edifici confinanti isolatamente intesi (cfr. Cass. 27638/2018)”.
In particolare la Cassazione ha ricordato che l’articolo 9 ultimo comma d.m. 1444/1968 prevede che: “Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all’altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”.
Come, infatti, chiarito anche dalla Corte costituzionale nella sentenza 6/2013 avente ad oggetto la legittimità costituzionale della legge Regione Marche n.31/1979, gli strumenti urbanistici che consentono la deroga prevista dall’art. 9 ultimo comma d.m. 1444/1968 sono tipici, giacché il regime delle distanze fra costruzioni nei rapporti tra privati appartiene alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, cui le Regioni possono derogare solo con previsioni più rigorose, funzionali all’assetto urbanistico del territorio (cfr. nello stesso senso Cass. 18588/2018; id.26518/2018).