La Sezione VI CIV. della Cassazione, con l’Ordinanza n. 21760 del 9 settembre 2018, ha affermato il principio secondo cui, ai fini della determinazione del valore imponibile ICI, le variazioni attribuite con la procedura DOCFA del contribuente, si applicano a decorrere dall’anno successivo a quello dell’annotazione, in base alla norma dell’art. 5, c. 2, del decr.legisl. n. 504/1992.
La decisione è stata adottata nell’ambito del ricorso prodotto dall’Amm.ne avverso la sentenza della CTR LAZIO relativa ad un ACCERTAMENTO ICI di ROMA CAPITALE, con attribuzione della categoria D/8 anziché di quella D/7 proposta con la procedura DOCFA.
Sul primo motivo di censura opposto dal Comune riguardo alla sentenza CTR che non avrebbe considerato la inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, il Supremo Collegio ha ritenuto che la sentenza impugnata ha concretamente applicato il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità in base al quale, nel processo tributario, la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado, assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione.
Sul motivo della pretesa errata applicazione dell’art. 5, c. 2, del decr. legisl. n. 504/1992, ad avviso della Corte, la sentenza CTR si è correttamente attenuta alla consolidata giurisprudenza di Cassazione, secondo cui anche per le variazioni catastali adottate a seguito di procedura DOCFA vale il dettato della norma citata, per cui l’efficacia delle risultanze decorre dall’anno successivo a quello nel corso del quale le stesse sono state annotate: ciò in quanto il termine in questione è ispirato a ragioni di uniformità delle dichiarazioni e degli accertamenti e costituisce espressione del principio di eguaglianza.
LINK – CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. VI CIVILE – ORDINANZA N. 21760/2018
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it