Le strade del Belpaese continuano a essere pericolose nonostante gli sforzi profusi dalle istituzioni in materia di prevenzione e di educazione stradale. Non sono, purtroppo infrequenti i casi in cui gli automobilisti coinvolti in incidenti si diano alla fuga, per poi pentirsi del proprio comportamento scorretto e ripresentarsi alle forze dell’ordine. Il pentimento, tuttavia non esime dalla responsabilità. Lo conferma la Corte di cassazione (IV sez. penale) con la sentenza n. 22795 la quale ha stabilito che il “pirata della strada”resta tale anche se, dopo essersi allontanato dal luogo dell’incidente, abbia un ripensamento, decidendo di farsi di identificare dalla polizia. Lo riferisce il portale dei sostenitori e degli amici della Polizia stradale, Asaps.
La Suprema Corte ha, in particolare, esaminato il caso di un incidente a Lecce, nel quale un automobilista che aveva investito un ragazzino, procurandogli ferite guaribili in 15 giorni, si era dato alla fuga e successivamente si era presentato alla polizia. Fuggire dal luogo del sinistro, e decidere di comparire dopo, secondo la Cassazione, non basta: “infatti, la finalità della norma, oltre che consentire l’identificazione delle persone coinvolte, è anche quella di rendere possibile l’accertamento immediato delle modalità e circostanze dell’incidente”. In caso d’incidente, ribadisce la Suprema Corte, “occorre farsi identificare immediatamente, contribuire alla ricostruzione del sinistro, assicurarsi che gli infortunati vengano soccorsi. E questo vale a prescindere che ci siano più o meno dei feriti”.