Il Governo ventila con insistenza il “superamento della riforma Fornero”, che tante criticità ha determinato, a cominciare dall’esecrabile condizione degli esodati, nell’intento di “addolcire” il regime pensionistico in vigore. Speriamo che faccia presto. Nel frattempo, tuttavia, si aggrava progressivamente la situazione dei pensionati sotto il profilo reddituale. In fatti, A partire dal prossimo anno, chi si ritirerà dal lavoro percepirà una pensione annua inferiore, mediamente di oltre l’1% rispetto a chi ci è già andato o ci andrà quest’anno. Lo stabilisce il decreto del Ministero del lavoro 15 maggio 2018, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale n. 131 dell’8 giugno scorso, che fissa i coefficienti di trasformazione del montante contributivo validi dal 2019 al 2021 (ossia i coefficienti che applicati al totale dei contributi versati durante la vita lavorativa, determinano l’importo annuo di pensione cui ha diritto il lavoratore). Come ricorda ‘Italia Oggi’, da quando nel 2009 è stata introdotta la revisione dei coefficienti non ci sono mai state variazioni positive. Quella corrente è la numero quattro. Un esempio per tutti: un lavoratore con 100 mila euro di contributi versati e 65 anni d’età, ha visto calare in questi anni la propria pensione di circa 900 euro. Il prossimo anno sarà di 5.245 euro, nel 2009 è stata di 6.136 euro. Dunque, se nel triennio 2013/2015, a parità di ogni altra condizione, gli assegni sono stati alleggeriti in media di circa il 3% rispetto al triennio precedente, 2010/2012, con il terzo taglio è stata praticata una riduzione ulteriore di circa il 2%, sempre in media, portando a circa l’11% la riduzione, in media, di tutto il periodo che va dal 2009 al 2018. La riforma Fornero ha agevolato chi rimarrà al lavoro fino a 70 anni e 7 mesi, ma dal prossimo anno, ricorda ancora’Italia Oggi’, entrerà in vigore un nuovo coefficiente: quello legato all’età di 71 anni.