La Corte di Cassazione, Sez. VI Civile, con l’Ordinanza n. 2549/2018, in data 1 febbraio 2018, è intervenuta a decidere sul ricorso proposto da EQUITALIA avverso la sentenza della CTR Puglia che aveva confermato l’annullamento dell’AVVISO DI INTIMAZIONE notificato per mancato pagamento IRAP/2005. La decisione della CTR era motivata dalla genericità e poca leggibilità della documentazione prodotta dall’Agente della Riscossione in copia informe, non idonea ad individuare le modalità procedurali di notificazione ed il soggetto ricorrente, nonché la riferibilità dell’avviso di riferimento ad un determinato atto della procedura notificatoria ed a quant’altro occorra per avere certezza che l’atto sia entrato nella sfera di conoscenza e/o conoscibilità dell’interessato: in buona sostanza, per non avere Equitalia adempiuto all’onere probatorio ed essersi limitata ad affermare apoditticamente l’avvenuta regolare notifica della cartella senza allegare gli indispensabili documenti dimostrativi.
La Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo esposto dalla ricorrente circa l’avvenuta produzione in giudizio della fotocopia dell’avviso di ricevimento contenente il numero di riferimento del documento fiscale notificato con raccomandata, il nominativo e l’indirizzo completo del contribuente destinatario, la data di ricezione della raccomandata stessa, la firma con le generalità del familiare convivente ed il timbro postale. Ha ricordato inoltre, la Corte, che costituisce JUS RECEPTUM , con consolidata giurisprudenza di legittimità, il principio che la notificazione della cartella, emessa per la riscossione di imposta o sanzioni, può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso la notifica si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal destinatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, rispondendo tale soluzione al disposto di cui al’art. 26 del DPR n. 602/1973, ed in tale sistema è proprio l’ufficiale postale a garantire, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella.
Si tratta in realtà del rispetto della prescrizione di cui agli articoli 32 e 39 del D.M. 9 aprile 2001, secondo cui è sufficiente, per il relativo perfezionamento, che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale che sia quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione, apponga la sua firme sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente, con la precisazione che, persino se manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato e/o la relativa sottoscrizione sia inintelligibile: l’atto è infatti comunque valido poiché la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 cod. civ. Peraltro, incombe solo sul destinatario l’onere di provare la non corrispondenza della dichiarazione ricevuta (poiché la raccomandata non conteneva alcun atto o conteneva un atto diverso) rispetto a quella indicata dal mittente , non potendo il destinatario limitarsi ad una generica contestazione dell’invio della raccomandata medesima.
Il ricorso dell’Agente della riscossione è stato, quindi, accolto.
LINK – CORTE DI CASSAZIONE – SEZ. VI CIVILE – ORDINANZA N. 254972018
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it