Il decreto del Ministero dello Sviluppo economico, pubblicato il 3 aprile sulla Gazzetta Ufficiale, aggiorna le modalità operative per la ricerca e la produzione di idrocarburi, ma non modifica in alcun modo le limitazioni per le attività consentite dal Codice Ambiente nelle aree marine comprese nelle 12 miglia dalla costa e dalle aree protette.
Nel decreto, infatti, vengono regolamentate solamente le attività già consentite dalla legge all’interno di queste aree, ovvero le attività funzionali a garantire l’esercizio e il recupero delle riserve di idrocarburi accertate per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e salvaguardia ambientale. Sono quindi escluse altre attività, quali in particolare quelle di sviluppo e coltivazione di eventuali nuovi giacimenti. Si precisa inoltre che la previsione di possibili modifiche dei programmi di lavoro è finalizzata unicamente a consentire interventi di manutenzione e aggiornamento delle infrastrutture, nonchè (al termine della coltivazione) la chiusura mineraria dei pozzi e la rimozione delle piattaforme. Queste attività, anche se non previste nel programma originario, come esempio per i piani di chiusura e ripristino, dovranno comunque essere sottoposte a un attento iter approvativo e autorizzativo.
Nessuna deregolamentazione, quindi, ma l’indicazione di precise procedure di approvazione e autorizzazione dei programmi a garanzia della sicurezza e dell’ambiente. Il decreto ministeriale è però inaccettabile per Greenpeace, Legambiente e Wwf Italia, poichè consentirebbe alle società petrolifere titolari di concessioni entro le 12 miglia dalla costa già rilasciate di modificare, e quindi ampliare, il loro programma di sviluppo originario per recuperare altre riserve esistenti, e dunque costruire nuovi pozzi e nuove piattaforme.