Era una sentenza da 40 anni. E oggi, finalmente, giustizia è fatta, se così si può dire: perché le madri potranno dare il proprio cognome ai loro figli. È arrivato ed era atteso il via libera a questa rivoluzione da parte della Consulta. I giudici hanno dichiarato incostituzionale l’automatica attribuzione del cognome paterno prevista dall’attuale sistema normativo, quando i genitori intendono fare una scelta diversa.
La Corte costituzionale ha detto dunque sì al cognome materno per i figli. Ha infatti “accolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di appello di Genova sul cognome del figlio” e dichiarato “l’illegittimità della norma che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo, in presenza di una diversa volontà dei genitori”.
La Corte d’Appello di Genova ha sollevato la questione di legittimità davanti alla Consulta sul caso di una coppia italo-brasiliana che voleva assegnare al proprio figlio il doppio cognome e la cui richiesta era stata respinta. La Corte costituzionale si era già espressa sulla materia con una sentenza del 2006 nella quale, pur ritenendo che l’assegnazione del solo cognome del padre ai figli fosse un “retaggio di una concezione patriarcale della famiglia” aveva respinto l’illegittimità, chiedendo al Parlamento di legiferare. La legge, che sancisce la possibilità del doppio cognome, è stata approvata dalla Camera nel 2014 ed è ora ferma al Senato.
Risale a quasi 40 anni fa la prima proposta in Parlamento per poter dare ai figli il cognome della mamma. L’avvocato Susanna Schivo, legale della coppia, aveva definito “all’evidenza irragionevole” l’attuale sistema. Un principio che non è sancito da una norma specifica, ma che si ricava da disposizioni regolatrici diverse, a cominciare da alcuni articoli del codice civile. Quanto sia superato lo dimostra, aveva fatto notare il legale, anche “la crescita di richieste” alle Prefetture di genitori che vogliono aggiungere ai propri figli il cognome materno. Sì perché questa è attualmente l’unica strada possibile che determinava “un’ingiustizia sostanziale”, visto che i prefetti decidono in maniera diversa, a seconda che ritengano meritevoli o meno di tutela i motivi alla base della richiesta.
Per Maria Rita Parsi, psicologa dell’età evolutiva e componente del Comitato Onu per i Diritti dei Bambini, si tratta di “una sentenza giusta”. “In questo modo -osserva all’Adnkronos – viene riconosciuta l’indiscutibile origine, il ‘punto di partenza’ di ogni vita: la madre. E’ l’affermazione della piena parità tra il padre e la madre all’interno di una famiglia”.
“Finalmente l’Italia esce dal patriarcato” commenta in una nota il presidente dell’Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani, Gian Ettore Gassani. “Ad oggi, non esisteva norma se non quella derivante dalla tradizione culturale di dare il cognome paterno ai figli. Ora sta al legislatore intervenire, per arrivare a una reale parità tra i coniugi, anche sul versante del cognome”.