La Corte Costituzionale promuove per la seconda volta, nel giro di pochi mesi, la legge Severino. Sono stati respinti come infondati i ricorsi sulla sospensione dalla carica per gli amministratori locali condannati, per determinati reati, anche in via non definitiva. Tra i protagonisti delle azioni intentate per dare una spallata alla norma, c’era questa volta, oltre a un consigliere regionale pugliese, Fabiano Amati del Pd, anche il governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca, sul quale la ‘bocciatura’ della Consulta non ha però effetti.
La Corte Costituzionale ha deciso ieri le questioni di legittimità costituzionale riguardanti la disciplina della sospensione dalle cariche di Consigliere regionale, di presidente della Regione e di Consigliere comunale, in applicazione della legge “Severino”.
La Corte ha giudicato infondate le questioni, ritenendo in particolare che “non vi è stato un eccesso di delega, che il carattere non sanzionatorio della sospensione esclude che sia stato leso il divieto di retroattività, e che la oggettiva diversità di status e di funzioni dei parlamentari rispetto ai consiglieri e agli amministratori degli enti territoriali non consente di configurare una disparità di trattamento”.
La Corte lo aveva già detto il 20 ottobre 2015, quando aveva esaminato la questione sollevata dal sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, condannato in primo grado per abuso d’ufficio nel processo Why Not e poi assolto in appello: la sospensione dalla carica, quindi, praticamente non agì, ma di fronte alla Consulta de Magistris perse, perché – disse la sentenza – la sospensione non è una sanzione penale e quindi non vale il divieto di applicarla per fatti antecedenti alla legge. Ora i giudici costituzionali ribadiscono questo principio. Per lo meno per la sospensione.