Corte costituzionale: il rallentamento della perequazione non è un prelievo tributario

La Corte costituzionale, con la sentenza numero 167 depositata oggi, ha stabilito che il meccanismo di rallentamento della perequazione automatica delle pensioni superiori a quattro volte il minimo INPS, previsto dalla legge di bilancio 2023, non ha natura tributaria. La questione era stata sollevata dalla Corte dei conti dell’Emilia-Romagna, che aveva ipotizzato una violazione dei principi di uguaglianza tributaria e ragionevolezza.

La Consulta ha richiamato la propria giurisprudenza, ricordando di avere già esaminato in passato misure anche più incisive sull’adeguamento delle pensioni all’inflazione. In questa occasione ha escluso che il rallentamento equivalga a un prelievo sul patrimonio dei pensionati: gli assegni, infatti, continuano comunque a essere rivalutati, seppure in misura ridotta rispetto al regime ordinario.

Secondo la Corte, la norma punta unicamente a contenere la spesa previdenziale e non a generare entrate fiscali, elemento necessario per qualificare una misura come tributaria. È stato inoltre precisato che il principio di temporaneità, invocato dal giudice rimettente, riguarda i contributi di solidarietà e non i meccanismi di perequazione.

La Consulta ha ricordato che la misura è già stata ritenuta conforme ai principi di ragionevolezza e proporzionalità con la sentenza 19 del 2025. Tuttavia, ha rinnovato l’invito al legislatore a considerare attentamente gli effetti di tali interventi, ad adottare estrema cautela nel modificare il sistema ordinario di perequazione e a valutare criteri specifici per i pensionati del sistema contributivo, dove vige una maggiore corrispondenza tra contributi versati e prestazione ricevuta.

Fonte: Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale