I giudici della quarta sezione del Consiglio di Stato, hanno ricordato, con la sentenza 2358/2025, che la v.i.a. costituisce un procedimento finalizzato a valutare la compatibilità ambientale naturalmente preventivo e avente ad oggetto il progetto di un’opera ancora da realizzare e, pertanto, pienamente modificabile in vista del conseguimento dei risultati prefissi dalla disciplina ambientale. Quando il giudizio di compatibilità ambientale è postumo, ossia a progetto già compiutamente realizzato, e ad opera dunque esistente, il giudizio di v.i.a. deve fare in modo che l’effetto utile della direttiva n. 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati sia comunque raggiunto, senza tuttavia rimettere in discussione, nella loro interezza, le localizzazioni di tutte le opere e le attività ab antiquo esistenti. Ciò sarebbe contrario al ragionevole bilanciamento che deve esistere tra l’interesse alla tutela ambientale ed il mantenimento della localizzazione storica di impianti e attività, il cui azzeramento sarebbe l’effetto possibile di un’applicazione retroattiva degli standards di valutazione divenuti obbligatori per tutti i progetti successivi al 3 luglio 1988. Con riferimento ad un impianto preesistente all’introduzione della direttiva, la v.i.a. si impone allorché si debba procedere al rinnovo dell’autorizzazione o al suo ripristino a seguito dell’avvenuta revoca a causa di irregolarità dell’impianto e ciò anche in assenza del compimento di opere o lavori di sorta e dunque con riferimento agli impianti esistenti. Nel caso in cui un impianto preesistente divenga oggetto di ulteriori lavori o attività, la v.i.a. dovrà essere nondimeno recuperata rispetto a tali lavori nella fase del rilascio dell’autorizzazione o anche in sede di rinnovo della stessa. (1).
(1) Conformi: Corte cost., 26 marzo 2010 n. 120; n. 209 del 2011; Corte giust. UE, sez. I, 17 marzo 2011, in causa C-275/09.
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