Se il 2016 era stato l’anno della chiusura della rotta balcanica dei migranti, con i flussi ridotti del 90% grazie all’accordo fra Turchia e Unione Europea, il 2017 potrebbe essere l’anno della chiusura della rotta libica.
In attesa del nuovo piano Minniti sulla gestione dei migranti in Italia, la Ue sta, dunque, cercando di chiudere la ‘rotta’ del Mediterraneo. Al vertice informale del 3 febbraio a La Valletta, Federica Mogherini e la Commissione presenteranno il piano per fermare i flussi dalla Libia all’Italia, migliorare le condizioni dei migranti nei campi libici e favorire i ritorni ma anche garantire le richieste di asilo.
Il piano, che incassa il supporto dei governi italiano e maltese (Malta detiene al momento la presidenza di turno dell’Unione, ndr), avrebbe però ricevuto anche l’appoggio dei Paesi del gruppo di Visegrad, da sempre contrari ai piani di solidarietà europei sui migranti.
L’obiettivo di Mogherini ed Avramopoulos è bloccare il milione di persone che si stima pronte a partire, nel corso della prossima estate, dalle spiagge della Libia. Dopo la chiusura della rotta balcanica, infatti, i migranti che salpano dalle coste libiche verso i Paesi dell’Europa meridionale, rappresentano il 90% del totale. Nel 2016 sono stati 181mila gli ingressi clandestini in Europa attraverso il Mediterraneo centrale: il 18% in più rispetto all’anno precedente.
Il piano è contenuto in una ‘Comunicazione’ approvata ieri dal Collegio. Alla Libia verranno forniti i mezzi per avere un “ruolo centrale” nel controllo e nei salvataggi nelle acque territoriali, con il coordinamento dell’operazione Sophia. Tra i punti principali, il completamento dell’addestramento della guardia costiera libica e la fornitura dei mezzi navali necessari per avere un “ruolo centrale” nel controllo e nei salvataggi nelle acque territoriali, riportando i migranti sulla costa, in collegamento con un Centro di coordinamento operativo in primavera con le informazioni dell’Operazione Sophia e di Italia, Malta, Grecia, Cipro, Francia, Spagna e Portogallo.
Per realizzare effettivamente un blocco delle partenze, però, bisogna superare molti ostacoli: a differenza della Turchia, infatti, la Libia non può contare su un governo centrale forte in grado di controllare efficacemente il territorio.
Il piano Ue propone poi almeno 200 milioni di finanziamenti di progetti in Libia e punta a rafforzare la frontiera sud aumentando anche la cooperazione con Egitto, Tunisia e Algeria per evitare che si creino rotte alternative. Atro punto rilevante del piano, la proposta di incrementare la cooperazione con la Iom e lo Unhcr, ma anche con le municipalità libiche per migliorare le condizioni di vita nei campi in Libia che vengono definite come “inaccettabili” e “molto lontane dagli standard internazionali” e da una parte favorire i ritorni ai paesi di origine per i migranti economici che non possono restare in Libia e non hanno speranze di raggiungere l’Europa, dall’altra assicurare che possa ottenere protezione chi ha diritto all’asilo.
Per il controllo della frontiera sud, attraverso la quale passano i flussi, la Ue intende aumentare il lavoro con i paesi già coinvolti nei ‘compact’ come Niger e Mali, ma anche con il Ciad. Inoltre propone di rafforzare ulteriormente l’operatività della missione Eucap Sahel operativa ad Agadez, ma anche valutare i progetti per dare un’alternativa economica alla regione nel Niger settentrionale che attualmente di fatto vive del contrabbando di esseri umani. “A lungo termine” si propone di valutare se una missione civile e di sicurezza della Ue possa sostenere una guardia di frontiera libica eventualmente con un’azione combinata della Guardia di frontiera europea “per migliorare il monitoraggio e il flusso informativo”.
L’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini ha poi spiegato che il piano Ue per frenare i flussi migratori dalla Libia non ha alcun punto in comune, a cominciare dalla dimensione finanziaria, con l’accordo fatto con la Turchia per la rotta del Mediterraneo orientale. “Non pensiamo a qualcosa di simile” perché le condizioni dei due paesi e la composizione dei flussi “sono completamente diversi” ha spiegato l’alto rappresentante, ricordando che comunque alla “busta” da 200 milioni di euro impegnata dalla Ue “per il 2017” si affiancano il finanziamento da 100 milioni di euro “per creare stabilità” nel paese. Mogherini ha aggiunto che la Libia non è entrata nel gruppo dei primi cinque paesi con cui la Ue ha firmato i compact “proprio perché è in una situazione particolare” e quindi “per questo il lavoro è volto alla stabilità politica” e a contribuire a dare i mezzi al governo di accordo nazionale “per il controllo del territorio e per garantire la sicurezza dei cittadini”.