Dopo quasi sei secoli di prestigiosa presenza, per l’esattezza 577 anni, i padri Agostiniani lasciano Gela per carenza di vocazioni. Il convento sarà adesso gestito gratuitamente dalla diocesi, che garantirà la continuazione di ogni attività. A guidare la struttura, nella duplice veste di rettore e direttore, è stato chiamato don Lino Di Dio che lascerà la parrocchia del Carmine e realizzerà, al primo piano del convento, un dormitorio per poveri da collegare alla ‘Piccola casa della Misericordia’ con l’obiettivo di assistere circa 450 famiglie. Il vescovo della diocesi di Piazza Armerina, monsignore Rosario Gisana, ha garantito la continuità di tutte le attività e delle due feste legate al convento degli Agostiniani e di interesse storico-popolare: San Giuseppe e Santa Rita.
I due frati, costretti a lasciare la struttura religiosa, padre Francesco Calleya e padre Giuseppe Ribaldone, oggi raggiungeranno le nuove destinazioni a Cascia e Roma. Ieri pomeriggio hanno celebrato l’ultima messa. Per non chiudere, la diocesi di Piazza Armerina ha accettato di prendersi cura del convento con un contratto ventennale gratuito. “Se in questo lasso di tempo arriveranno nuovi padri agostiniani – assicura don Lino Di Dio – non esiteremo a riconsegnare la storica struttura”.
Il regolamento del loro ordine prevede infatti che per condurre un ‘Campo di misericordia e di preghiera’, cioè un convento, siano necessari almeno tre confratelli. Hanno promesso però di tornare non appena ci sarà un’auspicata ripresa delle vocazioni.
Con la partenza degli agostiniani scompare un pezzo della storia di Terranova di Sicilia, come si chiamava la città di Gela, quando, nel 1438 questo ordine conventuale si insediò in quell’area della città che per tutti sarebbe rimasta sempre ‘U Chianu di Sant’Austinu’, anche quando gli amministratori decisero di assegnarle il nome di piazza Salandra.
I padri agostiniani, con le loro attività di preghiera e di lavoro, sono stati sempre punto di riferimento per l’intera comunità gelese attraverso la fede, la secolare devozione a Santa Rita e a San Giuseppe, di cui hanno curato i festeggiamenti con preghiere, messe, processioni e atti di solidarietà.
Come le ‘Cene di San Giuseppe’, tavole imbandite di ogni ben di Dio da devolvere in beneficenza a tre esponenti di famiglie bisognose, che, secondo la tradizione, interpretano il ruolo di Gesù, Giuseppe e Maria. Sacerdoti coraggiosi che hanno rivolto particolare attenzione verso i giovani promuovendone la partecipazione ad attività sportive come il calcio, il basket e l’atletica leggera, favorendo la nascita di una sezione dell’Acli e proponendosi come il volto nuovo della Chiesa aperta alla società che cambiava in una realtà difficile e complessa come quella di Gela.