Non c’è sviluppo senza energia. Il concetto è banale. Ma, nel suo divenire pratico, il binomio genera criticità e nocività per l’ambiente e la salute. Non a caso, si prevede che la domanda mondiale di energia sia destinata a raddoppiare entro il 2050 proprio nella prospettiva di un rilancio della crescita globale. Il problema è che l’approvvigionamento e il consumo di energia producono paradossalmente inquinamento, oltre che sviluppo. In altre parole, danno luogo a una sfida epocale che mette a rischio il futuro stesso del genere umano sulla Terra. Per affrontare questa sfida titanica, dunque, occorre reperire non solo fonti energetiche pulite (e il sole è tra le migliori opzioni), ma anche sperimentare modalità idonee per conservare l’energia solare in grande quantità e per lunghi periodi di tempo. Nel frattempo, gli attuali combustibili di origine fossile stanno creando enormi problemi di natura ambientale sia in fase di estrazione, sia a causa delle emissioni di anidride carbonica associate al loro consumo che contribuiscono all’effetto serra e al cambiamento climatico.
È per questo motivo che sono in corso a livello internazionale ingenti sforzi scientifici per attivare tecnologie efficienti in grado di convertire l’anidride carbonica in combustibili ecocompatibili tramite l’energia solare, imitando peraltro ciò che in natura già avviene tramite il processo della fotosintesi nelle foglie delle piante. Tali tecnologie, se adottate su larga scala, avrebbero il pregio di annullare l’impatto ambientale dei processi di conversione energetica coinvolti, implementando un virtuoso schema circolare del carbonio. Non a caso, infatti, il World Economic Forum 2017 ha incluso la conversione dell’energia solare in combustibile tra le dieci più importanti tecnologie emergenti su cui puntare. In questo scenario s’inserisce il progetto SoFiA – Soap Film based Artificial Photosynthesis, appena finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del prestigioso programma H2020-FETOPEN, risultando il primo classificato su oltre trecento proposte. SoFiA mira alla soluzione tecnologica definitiva, ossia la realizzazione di membrane a basso costo in grado di convertire l’anidride carbonica in combustibile in maniera robusta e per lunghi periodi di tempo.
“Le attuali tecnologie si basano spesso su costose membrane a stato solido le cui prestazioni degradano molto rapidamente nel tempo rendendo quindi impossibile un’applicazione industriale su larga scala. In SoFiA, insieme agli altri partner del progetto, abbiamo deciso di accettare una formidabile sfida scientifica ovvero sostituire le attuali membrane a stato solido con economiche membrane flessibili fatte per la maggior parte di acqua e opportuni tensioattivi proprio come accade nelle comuni bolle di sapone. Il rischio scientifico è alto perché si tratta di cambiare il paradigma corrente, ma ne vale la pena perché controbilanciato da un inestimabile ritorno scientifico e tecnologico in caso di successo. Il Politecnico avrà l’importante compito di produrre modelli computazionali che possano guidare la progettazione della nuova tecnologia nella giusta direzione. Altro compito affidato al Politecnico sarà quello di svolgere un’accurata analisi economica e di mercato della tecnologia oggetto del progetto”, spiega Eliodoro Chiavazzo, responsabile scientifico del progetto per il Politecnico di Torino. Oltre a questo prestigioso istituto, il consorzio comprende altre 3 importanti università europee come l’Università di Uppsala (coordinatrice del progetto della durata di 4 anni), l’Università di Cambridge e L’Università di Leiden, nonché 2 centri di ricerca come ICTP di Trieste e NWO-AMOLF di Amsterdam. Concludono il consorzio 2 PMI, ovvero Teclis Scientific di Lione e Microfluidic ChipShop di Jena. Obiettivo prioritario del consorzio, la realizzazione di un primo prototipo in grado di trasformare l’anidride carbonica in combustibile in maniera sostenibile ed economicamente efficiente.