Nonostante solo apparenti difformità testuali, la disciplina contenuta nell’art. 57, comma 2, del d. lgs. n. 36 del 2023, si pone in relazione di continuità con il carattere c.d. mandatory dei criteri ambientali minimi di cui al d.lgs. n. 50 del 2016: anche in considerazione del rilievo, non solo meramente esegetico, che tale processo di successione di norme è stato segnato, medio tempore, dalla riforma del parametro costituzionale rappresentato dagli artt. 9 e 41 della Costituzione (1).
Nel rapporto fra legge e discrezionalità amministrativa, dall’insieme delle prescrizioni normative relative ai criteri ambientali minimi risulta che la sostenibilità ambientale delle scelte negoziali dell’amministrazione pone un problema di rispetto di canoni normativamente stabiliti, più che di esercizio di discrezionalità propriamente intesa (2).
Il principio del risultato in materia contrattuale, anche per effetto della specifica disciplina recata dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023:
a) non si pone in chiave dialettica rispetto al principio di legalità, ma anzi contribuisce a far transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili;
b) in materia interessata dall’applicazione di clausole ambientali e sociali, esso ha riguardo non “all’effettivo e tempestivo” svolgimento del servizio (a qualsiasi
condizione), ma allo svolgimento del servizio finalizzato all’effettiva (e non meramente nominale) attuazione delle politiche ambientali alle quali risultano funzionali i criteri ambientali minimi;
c) esso ha comunque riguardo anche alla certezza e stabilità del rapporto negoziale, dei reciproci diritti ed obblighi (dal momento che la disposizione citata – ponendosi in linea di coerenza e continuità con risalenti ed autorevoli indicazioni teoriche – costruisce la nozione di risultato in un’ottica di unitarietà strutturale e funzionale fra aggiudicazione ed esecuzione) (3).
(1) Non risultano precedenti negli esatti termini;
(2) Non risultano precedenti negli esatti termini;
(3) Quanto alla lettera a), conformi: Cons, Stato, sez. III, n. 2866 del 2024; sez. IV, n. 3985 del 2024;
Difformi: non risultano precedenti difformi.
Nel caso di specie, la sezione ha affrontato e risolto il problema relativo all’individuazione della soglia minima normativa di esigibilità della previsione dei criteri ambientali minimi all’interno della legge di gara. Come rilevato dalla sezione, occorre trovare un punto di equilibrio tra esigenze contrapposte: l’esigenza di semplificazione della lex specialis (e della gara stessa) per un verso, e la non meno rilevante esigenza di effettività dell’operatività dei criteri ambientali minimi nella fase di esecuzione del contratto. Alla luce dei dati normativi e dei principi richiamati nelle massime, la sezione ha ritenuto illegittima la legge di gara che si era limitata a rinviare alla disciplina dei criteri ambientali minimi relativi ai settori considerati, senza tuttavia declinare coerentemente tale richiamo all’interno della “documentazione di gara”. Infatti, mentre il T.a.r., in primo grado, aveva ritenuto legittima la legge di gara così strutturata, facendo ricorso al principio della eterointegrazione del bando ad opera di norme imperative (così confermando la lacuna contenutistica della disciplina di gara), il Consiglio di Stato non ha condiviso tale impostazione, ritenendo che essa non consenta un’adeguata valorizzazione dei criteri ambientali minimi.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it