Scriveva il poeta “Bell’Italia amate sponde”. Ma oggi è difficile sottoscrivere quell’appassionata dichiarazione d’amore verso la Penisola. E’ concreto, infatti, il rischio che il cemento invada del tutto i nostri litorali devastando le amate sponde decantate da Vincenzo Monti. Una minaccia temibile e incombente. Secondo i calcoli del dossier dei Verdi ‘2017 Odissea nella spiaggia’, nel 2060 tutta la costa italiana sarà occupata da un’unica barriera di cemento e mattoni. Non bisognerà aspettare tanto per correre ai ripari, però. Già oggi ogni anno le spiagge ‘attrezzate’, cioè gli stabilimenti, occupano oltre 19 milioni di metri quadrati, ovvero “160 milioni di metri cubi di cemento”, pari “a 534.000 appartamenti da 100 metri quadrati l’uno. Una grande colata di cemento”… Il rapporto fa presente, inoltre, che “dei circa 8 mila chilometri di costa più di 6 mila sono già cementificati”, e che “ne rimane libero solo un quarto. Indignate e, allo stesso tempo, determinate le reazioni dei Verdi. “Se noi vogliamo rilanciare la bellezza delle nostre coste, che per il 75,4% sono impattate dalla presenza di coperture artificiali, e anche il turismo, che è strettamente legato alla bellezza – sentenzia Angelo Bonelli – non possiamo consentire questa selvaggia cementificazione. Non è un caso che in molte regioni italiane gli amministratori siano impegnati a emanare sanatorie, condoni edilizi e blocco di demolizioni proprio nelle zone più belle e vincolate del nostro Paese. Un atteggiamento tipicamente italiano che noi giudichiamo inaccettabile”.
Citando l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), i Verdi rincarano la dose e ricordano che “ben un terzo delle nostre spiagge è interessato da fenomeni erosivi in espansione” e che, secondo il programma delle Nazioni Unite sull’ambiente, “le coste italiane sono tra le più cementificate d’Europa”. Un fenomeno deleterio ulteriormente aggravato dalla presenza subdola della criminalità organizzata: “In Italia negli ultimi 5 anni sono stati oltre 110 gli stabilimenti balneari sequestrati alla mafia. Da nord a sud d’Italia, passando da Roma”. Tra i motivi che hanno portato in questi anni la procura distrettuale antimafia a occuparsi di queste strutture c’è “la maggiore predisposizione a riciclare denaro di provenienza illecita sulle spiagge”, alimentata da una considerazione basilare: “lo stabilimento balneare ha un alto livello di redditività dato il costo, irrisorio, della concessione demaniale (meno dell’1% sul fatturato)”.