I cambiamenti climatici e i loro effetti sono stati osservati dagli scienziati sin dalla metà del secolo scorso. Il clima terrestre è soggetto a fluttuazioni stagionali, annuali e secolari che dipendono da cause naturali come l’orbita terreste, la radiazione solare, la circolazione degli oceani e le eruzioni vulcaniche (variabilità climatica). Nel corso del tempo, tuttavia, mutamenti più profondi e rapidi sono stati determinati dall’uomo, principalmente attraverso la crescente emissione di gas serra in atmosfera. Occorre perciò limitare quanto più possibile le emissioni di anidride carbonica provenienti dalle centrali elettriche, implementando le energie rinnovabili.
Secondo quanto rilevato dalla società che gestisce la Rete elettrica azionale (Terna), nel mese di luglio la domanda di energia elettrica è stata di 29,3 miliardi di kWh, in aumento dello 0,5% rispetto ai volumi dello stesso mese dell’anno precedente.
La performance della domanda dei primi sette mesi del 2017 è cresciuta del +1,2% rispetto al corrispondente periodo del 2016. A parità di calendario il risultato si attesta a +1,7.
A livello territoriale, la variazione tendenziale di luglio 2017 è risultata ovunque positiva: +0,2% al Nord, +0,7% al Centro e +0,9% al Sud. In termini congiunturali, il valore destagionalizzato della domanda elettrica del mese appena passato ha fatto registrare una variazione negativa rispetto al mese precedente (-5,3%). Il profilo del trend si porta su un andamento stazionario.
In luglio la domanda di energia elettrica è stata soddisfatta per un 87,5% con produzione nazionale al netto dei pompaggi (+1,7% della produzione netta rispetto a luglio 2016) e per la quota restante da importazioni (saldo estero -6,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).
Nel dettaglio, la produzione nazionale netta (25,8 miliardi di kWh) si è incrementata di un +1,7% rispetto a luglio 2016. Ad essere in aumento le fonti di produzione eolica (+33,9%), fotovoltaica (+5,8%), termica (+4,5%) e geotermica (+0,8%); in flessione, invece, la fonte idrica (-15,1%).
Stando ai più recenti studi internazionali, il consumo complessivo di energia elettrica in Europa nei prossimi decenni rimarrà quasi costante, ma a causa del cambiamento climatico i picchi saranno in estate e non d’inverno, come accaduto fino ad oggi. L’aumento delle temperature dovuto al riscaldamento globale cambierà le abitudini dei consumi elettrici nel nostro continente. A metterlo in evidenza è una nuova ricerca effettuata da scienziati tedeschi e americani, pubblicata tra gli Atti dell’Accademia nazionale delle Scienze degli Stati Uniti “Proceedings of the National Academy of Sciences”.
Il dato forse più interessante riguarda l’effetto del cambiamento climatico sul consumo complessivo, che è quasi nullo, ma le sue variazioni regionali saranno ugualmente una sfida perché le infrastrutture dovranno essere adattate Paese per Paese in base all’evolversi delle necessità di produzione e di consumo dell’elettricità. Le proiezioni dei ricercatori mostrano che il maggiore consumo di energia elettrica non sarà più nel nord Europa, ma nel sud del continente, dove probabilmente il picco giornaliero subirà un notevole incremento. Nella maggior parte dei Paesi, inoltre, i consumi maggiori si sposteranno dai mesi invernali a quelli estivi per i condizionatori.
I dati disaggregati mostrano anche un altro indice di cui tenere conto: le variazioni del consumo di elettricità in risposta ai cambiamenti climatici sono simili nei diversi Paesi europei. Il consumo giornaliero, ad esempio, è minimo per una temperatura esterna massima di 22 gradi ed aumenta sia nei giorni in cui il caldo aumenta, sia in quelli in cui diminuisce. Secondo gli autori, i risultati ottenuti costituiscono una buona base per calcolare approssimativamente il consumo di elettricità in risposta al cambiamento climatico: i Paesi dell’Europa meridionale che hanno già adesso temperature assai elevate serviranno da esempio a quelli che hanno ancora temperature relativamente basse. “Quantificare la connessione tra calore e comportamento umano fa parte degli obiettivi della ricerca di frontiera sul cambiamento climatico: esiste un’ampia evidenza che quando fa caldo la qualità dell’aria diminuisce, le persone sono più stressate, aggressive e meno produttive, mentre la mortalità e il tasso di criminalità tendono a crescere” ha spiegato il coautore dello studio, Max Auffhammer, dell’Università di Berkeley in California. “Tutti i settori dell’economia sono influenzati dallo stress termico, da quello residenziale a quello commerciale, dall’agricoltura all’industria, il principale adattamento degli esseri umani è raffreddare gli ambienti chiusi, il che richiede nella maggior parte dei casi una notevole quantità di energia elettrica, che va ad aggiungere ulteriori sollecitazioni ad una rete già stressata – ha concluso Auffhammer”. “Pochi decenni fa nessuna automobile di grande diffusione aveva l’aria condizionata, ora è invece difficile trovarne una senza e lo stesso avverrà probabilmente per gli edifici nei prossimi decenni – ha aggiunto un altro coautore della ricerca, Anders Levermann, della Columbia University di New York”.