La Corte costituzionale (sentenza n. 5 del 2024) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 291, primo comma, del codice civile nella parte in cui, per l’adozione di maggiorenni, non consente al giudice di ridurre l’intervallo minimo di età di diciotto anni fra adottante e adottando nei casi di esiguo scostamento e sempre che sussistano motivi meritevoli.
La questione era stata sollevata dalla prima sezione civile del Tribunale di Firenze in occasione della richiesta di adozione da parte di una signora, coniugata con un vedovo, nei confronti del figlio maggiorenne dello stesso che, dall’età di cinque anni, ha convissuto con costoro, dopo il matrimonio.
La Corte ha rilevato come l’adozione di persone maggiori di età abbia perduto l’esclusiva funzione tradizionale di trasmissione del cognome e del patrimonio e, divenuto strumento duttile e sensibile alle sollecitazioni della società, sia volta a suggellare legami “affettivo-solidaristici” che, consolidatisi di fatto nel tempo e preesistenti al riconoscimento giuridico, sono rappresentativi dell’identità dell’individuo e di istanze di solidarietà.
La Corte costituzionale ha anzitutto assunto a figura di riferimento quella delle così dette famiglie ricomposte, in cui alle preesistenti relazioni di parentela si aggiungono nuovi legami definiti da una misura di affetti e solidarietà che è propria della comunità familiare, per poi ricomprendere nella nuova funzione dell’istituto, ad ulteriore declinazione delle esigenze di solidarietà, anche situazioni in cui persone, spesso anziane, affidano all’adozione il rafforzamento di un vincolo solidaristico di fatto già instaurato con l’adottando.
La sentenza ha pertanto stabilito che, nell’attuale conformazione dell’istituto dell’adozione del maggiorenne, sia palese l’irragionevolezza di una regola sul divario di età priva di un margine di flessibilità in quanto destinata ad entrare in frizione, nell’assolutezza della previsione, con il diritto costituzionale inviolabile all’identità personale (art. 2 Costituzione).
La Corte ha quindi individuato il punto di equilibrio tra la regola del divario di età fissata dal codice civile ed il diritto all’identità della persona, anche nelle formazioni in cui esprime e forma la sua personalità, nell’accertamento rimesso al giudice che, caso per caso e nel bilanciamento degli interessi coinvolti, individuati in ragione della nuova funzionalità dell’istituto, provvederà a valutare se esistano motivi meritevoli che consentano di derogare alla previsione del codice civile nel caso in cui la riduzione di quel divario risulti esigua.
L’intervallo ordinario di diciotto anni continua a valere quale regola generale che richiama la necessità di conservare una ragionevole limitazione del divario esistente in natura tra genitore e figlio.
Fonte: Corte Costituzionale