Il Consiglio di Stato sezione IV con la sentenza n. 7768 del 25 settembre 2024 è intervenuto nella articolata materia della formazione del silenzio assenso affermando, come diffuso da una nota degli organi di giustizia amministrativa, che il “silenzio-assenso”, in materia edilizia, non si forma allorquando, nel termine di conclusione del procedimento, l’amministrazione abbia adottato una proposta di decisione contraria, espressa nel preavviso di diniego, sollevando rilievi oggettivamente problematici e non pretestuosi, seguiti da interlocuzioni finalizzate a cercare soluzioni idonee a superarli, in quanto, da un lato, l’art. 20, comma 8, d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001 afferma che “decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo” “sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso” solo “ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego”, ma non richiede necessariamente che il “motivato diniego” debba rivestire la forma provvedimentale, ben potendosi desumere la volontà procedimentale espressa anche dal preavviso di diniego; dall’altro, una diversa impostazione sarebbe in contrasto con i principi di collaborazione e buona fede, poiché non ricorre alcuna inerzia amministrativa che giustifichi il meccanismo di semplificazione in esame, previsto a tutela dell’interesse pretensivo del privato, ma, al contrario, si è di fronte ad un articolato confronto procedimentale che – in luogo di decisioni sbrigative sfavorevoli in presenza di criticità e di carenze documentali – e nella ricerca di possibili soluzioni alle problematiche emerse, ha comportato una dilatazione (tra sospensioni ed interruzioni) della scansione temporale stabilita, in via generale ed astratta, dal legislatore.
In relazione all’orientamento per cui il silenzio assenso si forma anche con riferimento ad una istanza non conforme alla legge (c.d. requisiti di validità), ma non laddove la stessa sia carente dei requisiti essenziali per la sua configurabilità, tali requisiti essenziali, in materia edilizia, devono essere rinvenuti in quelli previsti dall’art. 20, comma 1 del d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001, ove dispone che la domanda per il rilascio del permesso di costruire debba essere corredata da un’attestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti, e quando ne ricorrano i presupposti, dagli altri documenti previsti dalla parte II, nonché accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie alle norme relative all’efficienza energetica; tale novero di elementi essenziali non è integrabile ad opera dei regolamenti edilizi e neppure da parte della legislazione regionale tramite normativa primaria o secondaria di dettaglio, in quanto le Regioni sono autorizzate dall’art. 29, comma 2-quater della legge n. 241 del 7 agosto 1990 a prevedere livelli “ulteriori di tutela” ma non ad aggravare il procedimento con ulteriori adempimenti o documenti che avrebbero l’effetto di depotenziare l’efficacia dello strumento di semplificazione, comprimendo un livello essenziale della prestazione, lo standard minimo, riservato alla competenza esclusiva del legislatore statale ex art. 117, comma 2, lett. m), Cost.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it