Non è ragionevole escludere dai canoni di locazione più bassi per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica i nuclei familiari il cui reddito provenga da lavoro autonomo. È quanto ha affermato la Corte costituzionale con la sentenza n. 112 depositata il 28 maggio (redattrice Emanuela Navarretta), dichiarando incostituzionale la legge della regione Lombardia 4 dicembre 2009, n. 27, che riserva i canoni di locazione più bassi agli assegnatari di alloggi il cui reddito provenga da pensione, da lavoro dipendente o assimilato. Alla luce della finalità della disciplina, volta a garantire il diritto inviolabile all’abitazione a persone che versano in condizioni di particolare fragilità economica, la Corte ha escluso che tale disparità di trattamento si possa ragionevolmente giustificare. In particolare, la Corte non ha ravvisato una ragionevole giustificazione della diversa disciplina nel differente meccanismo impositivo cui sono sottoposti i redditi in questione. Parimenti, ha escluso che la disparità di trattamento possa motivarsi in ragione del risalente e parziale contributo finanziario erogato, a beneficio del patrimonio dell’edilizia residenziale pubblica, dai cosiddetti fondi Gescal, alimentati con prelievi sui redditi dei lavoratori dipendenti. La tutela del diritto inviolabile all’abitazione e il rispetto del lavoro in tutte le sue forme impongono che il principio di eguaglianza si dispieghi pienamente, applicando le stesse modalità di calcolo del canone di locazione in favore di assegnatari che versino in situazioni di grave fragilità economica.